Lanciata nel panorama degli spettacoli locali dal programma di Alberto Lipari “Stranamuri Sicilianu”, ma in realtà, secondo la Procura marsalese e la parte civile, vittima di gravi maltrattamenti. Si tratta della famosa “Maria di Trapani”, il cui vero nome è Maria Caruso, nata a Erice nel settembre del 1975. Con l’accusa di averla sottoposta a maltrattamenti per un periodo di oltre un anno, sono finiti sotto processo Alberto Lipari 49 anni, nato a Trapani ma residente da tempo a Marsala e Rosalba Platano 40 anni, marsalese, residente in contrada Misilla.
Nel capo d’imputazione disposto a suo tempo dal giudice delle udienze preliminari, Annalisa Amato, si legge che Lipari e Platano, “in concorso tra loro, dopo avere fatto acquistare a Maria Caruso detta Maria di Trapani, una certa popolarità grazie a video dagli stessi girati e pubblicati su youtube, facebook, etc., dopo averla convinta a seguirli in giro per i locali della Sicilia, per fare serate di promozione di tali locali con la falsa promessa di guadagni e popolarità, approfittando anche delle sue condizioni di deficit cognitivo per un mese, la tenevano reclusa in una stanza presso un’abitazione di Marsala, dove la donna era costretta ad espletare i propri bisogni in una pentola, veniva mal nutrita e privata dei presidi igienici più elementari, fatta oggetto di dileggio e derisione, e quotidianamente percossa dai figli della Platano”.
I fatti si sarebbero verificati nell’agosto del 2013. Successivamente, tra il settembre 2013 e l’ottobre 2014, sarebbe stata ospitata in un’abitazione del villaggio Kartibubbo di Mazara del Vallo di proprietà della Platano, dove oltre a subire le medesime “vessazioni”, avrebbe anche svolto le pulizie di casa e altre incombenze. Poi la sera, “veniva agghindata e trascinata presso vari locali per le serate promozionali, per le quali non le veniva mai consegnato alcun tipo di compenso, che veniva sempre incassato dal Lipari e dalla Platano”. Maltrattamenti, scrive il gup Amato nel decreto con cui è stato disposto il rinvio a giudizio, che a Maria Caruso “rendevano di fatto intollerabile la normale vita quotidiana”.
La donna fu rimandata a casa “una volta terminate le possibilità di guadagno rappresentate dalla sua persona”. In quel momento, fu di nuovo libera. Ora, nel processo, si è costituita parte civile. Ad assisterla sono gli avvocati Donatella Buscaino e Natalia Dispinseri. A difendere i due imputati è, invece, l’avvocato Elio De Felice.
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