Da due anni piovono minacce sui magistrati siciliani, impegnati a vario titolo nelle indagini sulla trattativa stato-mafia e relativi ‘capitoli’. Mentre il CSM smantella il pool di Palermo con una circolare molto tempestiva, mentre celebri giuristi candidati alle Europee e giornaliste molto note ma poco aggiornate sull’attualità attaccano il processo sulla trattativa, arrivando a sostenere che Giovanni Falcone sarebbe d’accordo con loro, nella sede dell’ANSA di Palermo viene recapitata una lettera di minacce nei confronti del procuratore generale Roberto Scarpinato.
“Attenzione è pronto un regalo scoppiettante per procuratore Scarpinato e dirigente carabinieri tribunale“. La firma, P.R.A., non è conosciuta dagli inquirenti. Sospetta, e inquietante, la tempistica. Mentre l’agenzia di stampa riceveva le minacce destinate a Scarpinato e al dirigente del tribunale, in Prefettura si teneva un incontro per discutere proprio delle misure di sicurezza da ‘potenziare’ all’interno del Palazzo di Giustizia.
Non è la prima volta che chi minaccia dimostra di essere informato. Prima ancora che Totò Riina iniziasse a vomitare il suo odio nei confronti di Nino Di Matteo, arrivarono (marzo 2013) due lettere anonime. Si parlava dell’eliminazione di magistrati (o di Massimo Ciancimino) voluta “dagli amici romani di Matteo Messina Denaro”, boss latitante da 20 anni. Un esaltato? No, perchè chi scrisse ( o chi suggerì) dimostrava di conoscere fin troppo bene gli spostamenti di Di Matteo, compresi i punti deboli della sua protezione. Da allora si parla, inutilmente, di dotare la scorta di un bomb-jammer, ma il ministro Alfano ha messo a disposizione solo un dispositivo di prima generazione, che il magistrato ha rifiutato perchè può comportare rischi per la salute.
Prima ancora della lettera anonima sugli ‘amici di Messina Denaro’ ecco un dossier (era il settembre di due anni fa, inviato a casa Di Matteo) che avvertiva il magistrato di essere “spiato” e fa riferimento a chi rubò l’agenda rossa di Paolo Borsellino .Sono della scorsa estate le parole dei confidenti sui “chili di tritolo” arrivati a Palermo e destinati a Di Matteo, un parallelo da brividi con l’analoga segnalazione arrivata in Procura prima della strage di via d’Amelio.
Ecco poi Riina, che durante l’ora d’aria nel carcere di Opera, spiega ad Alberto Lorusso, boss della SCU, che Di Matteo deve “fare la fine del tonno”, “facciamola grossa, in maniera eclatante, e non ne parliamo più, dobbiamo fare un’esecuzione come quando c’erano i militari a Palermo“. Il 14 novembre 2013 Lorusso dice a Riina:“hanno detto che alla prossima udienza ci saranno tutti i pubblici ministeri all’udienza… saranno presenti tutti“. Riina : “Ah tutti”. All’epoca le minacce di Riina a Di Matteo erano arrivate sui giornali. E i magistrati di Palermo, in segno di solidarietà ai PM del pool trattativa, avevano intenzione di recarsi in Tribunale. Le parole di Lorusso inquietano perchè il giorno prima (13 novembre) era apparso un comunicato di ‘semplice’ solidarietà della Giunta dell’ANM, senza altri riferimenti a manifestazioni che saranno ufficializzate solo in seguito. Il 14 novembre Lorusso è certo che “ci saranno tutti i pubblici ministeri” durante l’udienza successiva. Come fa Lorusso ad essere aggiornato ‘live’ su una intenzione circolata solo nella ‘mailing list’ interna al Palazzo di Giustizia?
Non c’è solo Di Matteo nel mirino. La casa di Roberto Tartaglia, collega del pool cancellato dal CSM, viene violata da qualcuno in cerca di documenti. Sparisce una pen drive con appunti e materiale inerente alle indagini. Inquieta anche in questo frangente la coincidenza temporale: 24 ore prima il pool aveva fatto visita agli archivi dell’AISE (agenzia di informazioni per la sicurezza esterna). Nell’aprile 2013 era stato minacciato anche Francesco Del Bene, altro componente del pool, per bocca di un capomafia della Noce: “Quel Del Bene è troppo zelante, deve buttare il sangue, deve morire“.
E’ di due settimane fa la notizia che una fonte attendibile ha rivelato alla DIA: Messina Denaro avrebbe una talpa in Procura e sarebbe intenzionato a colpire Teresa Principato, magistrato alla guida del pool che sta stringendo il cerchio attorno alla latitanza del boss.
Non ci sono solo i magistrati di Palermo nel mirino. A Caltanissetta si celebra il quarto processo sulla strage di via d’Amelio e si indaga sul depistaggio orchestrato da altri ma basato sulle dichiarazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino. Novembre 2013: alla caserma della Finanza di via Crispi a Palermo viene inviato un video amatoriale. Nelle immagini un uomo armato, l’esecutore materiale di un possibile agguato ai danni di Nico Gozzo, procuratore aggiunto di Caltanissetta, dove si indaga anche sulla strage di Capaci e sul fallito attentato a Giovanni Falcone (Addaura, 1989). Una telefonata anonima annuncia ‘un botto’, facendo scattare l’allarme: Gozzo viene bloccato dagli agenti della scorta e la zona sotto casa del magistrato controllata.
Era finito nel mirino già ad aprile, quando l’anonimo del marzo 2013 fece riferimento anche ad “un magistrato che fa la spola fra Caltanissetta e Palermo”, identikit di Gozzo. C’è anche uno strano episodio: alcuni ignoti hanno chiesto informazioni sulla casa del magistrato al personale di un albergo nei pressi della sua abitazione. Ultima intimidazione un mese fa:la linea diretta che collega la casa del PM alla Polizia viene interrotta, i fili tranciati.
“Prima ti screditano, poi ti isolano e dopo ti uccidono” è una frase attribuita a Giovanni Falcone. Lui, commemorato una volta all’anno, dimenticato per il resto del tempo, ha vissuto ognuno di questi passaggi. Il pool trattativa vive da tempo i primi due, per il terzo, se non dovesse arrivare il tritolo, forse sarà sufficiente una circolare del CSM.
Fonte -IBT-
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