Viene pubblicata una nuova relazione dell’ARPA sui dati ambientali raccolti dopo il grave incendio di Alcamo.
Dopo più di un mese dal rogo che ha bruciato il centro di raccolta rifiuti D’Angelo, sito in contrada Sasi Vallenuccio, l’Arpa ha stilato e pubblicato un nuovo rapporto di circa settanta pagine. E’ una vera e propria relazione tecnica, in cui si mette in evidenza “l’assenza di condizioni favorevoli all’insorgenza di effetti irreversibili per la salute della popolazione esposta all’evento incidentale”.
Nessun allarme inquinamento, quindi, nessun pericolo per la salute dei cittadini, anche se l’Arpa nel rapporto aggiunge che si tratta di una conclusione “indicativa” e “fortemente parziale”, data la brevità dell’intervallo d’indagine a cui è riferita.
Eppure la minaccia di inquinamento da diossina, insieme alla possibile inalazione di sostanze tossiche, hanno dato e continuano a dare non poche preoccupazioni all’intera cittadinanza alcamese.
Ma cosa hanno bruciato quelle fiamme, quali sostanze si sono sprigionate nell’aria? I maggiori dubbi si sono formati attorno al “contenuto” del deposito D’Angelo, all’interno del quale, ricordiamo, le fiamme hanno arso per più di 24 ore consecutive. Lo stesso sindaco, Domenico Surdi, aveva mostrato perplessità e preoccupazioni per le “eventuali emissioni nocive nell’aria”, e soprattutto riguardo la “tipologia” di materiali andati in fiamme, dichiarando a poche ore dall’inizio del rogo di non avere ancora “contezza di ciò che il centro contenesse”.
Alcuni di questi dubbi vengono oggi dissipati dalla relazione tecnica dell’Arpa. Gommapiuma, carta e cartone, nylon e plastica, legno e pneumatici contenuti in un cassone metallico: sarebbero questi, in quantitativi che variano dalle 100 alle 250 tonnellate, i materiali presenti all’interno del deposito rifiuti al momento dell’incendio.
Nel rapporto si legge chiaramente che: “al momento dell’incendio nello stabilimento […] si trovavano ammassati in box esterni al capannone principale 100 tonnellate di gommapiuma, 250 tonnellate di carta e cartone, 100 tonnellate di nylon e plastica, 100 tonnellate legno ed inoltre 100 tonnellate di pneumatici raccolti all’interno di un cassone metallico scoperto. I box erano ricoperti da teli ignifughi o da tettoie metalliche, seppure sostanzialmente in contatto diretto con l’atmosfera”.
Altra fonte di preoccupazione era costituita dalla possibile ricaduta al suolo di agenti inquinanti, sprigionati dalla combustione di questi materiali. Ma in base alle stime modellistiche delle emissioni, ed ipotizzando del materiale presente nel deposito sia andato in fiamme circa l’85%, il valore del peso di massa bruciata stimato sarebbe pari a 552,5 tonnellate.
Un valore molto simile, come si legge nel rapporto, “al funzionamento di un classico termovalorizzatore moderno, che produce 60 gr di polvere per ogni kg di rifiuto bruciato”.
Dopo la pubblicazione della relazione, comunque, nonostante non termineranno le verifiche e i controlli da parte degli organismi competenti, in un momento in cui la “sorveglianza sanitaria” della salute e sicurezza della popolazione è di primaria importanza.
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