L’Italia, la Sicilia, si sta invecchiando. Il Sud si sta svuotando. L’ultimo rapporto Censis sulla situazione del Paese non porta, come al solito, buone notizie sulle ultime generazioni.
In Italia i giovani sono sempre meno. Entrano più difficilmente nel mondo del lavoro. E soprattutto il Sud Italia vede sempre più studenti dirigersi verso le università del centro nord.
Il rapporto del Censis fotograv una generazione spaventata dalla mancanza di lavoro, soprattutto per chi vive nel Sud Italia. I ragazzi si spostano a studiare verso le città del Centro e del Nord Italia.
Sono 172 mila gli studenti che partendo da una regione del Sud sono iscritti a un corso di laurea in un’università del Centro Nord (pari all’11% di tutti gli iscritti all’università), mentre sono poco più di 17 mila quelli che compiono il percorso inverso. Il saldo tra chi arriva e chi va non è per nulla positivo, soprattutto per la Sicilia (-33 mila studenti). Altre regioni se la passano peggio (Puglia -35 mila studenti, Calabria -23 mila). Le Regioni in grado di calamitare la maggior parte degli studenti fanno registrare un saldo fra arrivi e partenze molto positivo: Lazio (+48.607), Emilia Romagna (+32.918), Lombardia (+24.449) e Toscana (+14.268).
Le politiche giovanili messe in campo in questi anni non sono state all’altezza di cambiare una tendenza che sembra consolidarsi ogni anno sempre di più. Quella di un paese che sta invecchiando, e di una generazione emarginata come mai era avvenuto nella storia.
I giovani italiani tra i 15 e i 34 anni sono una minoranza, rappresentano appena il 20,8% della popolazione.
Molto preoccupante è l’emarginazione dei (pochi) giovani: tra il 2007 e il 2017 gli occupati di età compresa tra i 25 e i 34 anni è calata del 27,3%, un milione e mezzo di giovani lavoratori in meno.
Disoccupazione e precarietà, sono le parole di quest’epoca che coinvolgono anche i più preparati. Nel 2007 c’era un rapporto di 249 giovani laureati occupati ogni 100 lavoratori anziani, dieci anni dopo sono diventati 143. In Italia sono 237 mila i giovani sottoccupati, ossia chi fa un lavoro per il quale sono richieste competenze inferiori a quelle del titolo di studio dello studente. 650 mila sono i giovani che lavorano part-time, 150 mila in più rispetto a 7 anni fa.
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