I nostri 5.552 borghi sono la spina dorsale del Paese: rappresentano il 69,7% delle municipalità italiane e governano oltre il 50% del territorio nazionale. Soprattutto le nostre amministrazioni con meno di 5 mila abitanti sono custodi di bellezza, storia e identità, e sono anche spazi di possibilità, luoghi di sperimentazione, di innovazione sciale, economica e ambientale, di sviluppo sostenibile. Ma certo tutte queste potenzialità vanno accompagnate e rafforzate con politiche adeguate.
Oggi finalmente abbiamo una legge per la tutela e la valorizzazione dei Piccoli Comuni, legge che porta la prima firma di Ermete Realacci, e proprio questo traguardo racconta più di altri la distanza che c’è tra politica e paese reale. Questa normativa, infatti, ha avuto bisogno di un percorso lunghissimo e di un grande lavoro culturale partito nel lontano 2001 da Legambiente e portato avanti insieme a tanti sindaci, comunità e organizzazioni.
Come dimostra il dossier ‘La realtà aumentata dei Piccoli Comuni’ di Legambiente e Uncem, le piccole municipalità si impegnano per il buon governo dei territori, ma hanno esigenze specifiche alle quali la politica stenta a dare risposte.
Presentato in occasione del lancio di Voler Bene all’Italia 2019, la festa dei Piccoli Comuni promossa da Legambiente che significativamente si celebra il 2 giugno insieme a quella della Repubblica, il dossier fotografa i nostri borghi come una realtà vivace, articolata e in movimento, che si misura con forti processi di cambiamento e con divari ancora troppo ampi rispetto al resto del Paese.
In questa Italia fatta da tante piccole comunità diffuse, la densità dei servizi ecosistemici, dei prodotti tipici e dei cammini è maggiore rispetto alla media nazionale e questi elementi rappresentano altrettante potenzialità da valorizzare. Più nel dettaglio: il 92% dei prodotti del territorio ha il suo domicilio in piccoli comuni, i servizi ecosistemici (che secondo stime attendibili valgono 93 miliardi di euro l’anno, quasi il 5% del PIL) nei piccoli comuni hanno una densità di 3.500 euro all’ettaro contro una media nazionale di 3.000, sono piccole quasi due terzi delle amministrazioni interessate dai Cammini e dal turismo dolce che li caratterizza.
E se in media nel Paese ci sono 8,5 imprese per 100 residenti, nei Piccoli Comuni il rapporto sale a 10,4 su 100. A patto che siano presenti condizioni di tenuta identitaria forte e che i fattori di sviluppo socio economico tengano, i nostri centri minori posso attrarre con successo nuove scelte insediative sia della popolazione italiana che dei migranti.
E il caso Riace insegna. Tuttavia le nostre aree interne e i nostri borghi soffrono rispetto al resto del Paese una disparità nel reddito, nella diffusione di nuove tecnologie quali la banda larga e nel livello di istruzione.
Per dare corpo alle potenzialità dei nostri centri minori e renderli effettivamente protagonisti di un ‘sistema Italia’ capace di migliorare la qualità della vita, di ridurre le diseguaglianze e di generare ricchezza con progetti di sviluppo locale sostenibile, servono politiche adeguate e di sistema.
La legge sui Piccoli Comuni è nata per questo e ha dotato finalmente questa parte del Paese di strumenti importanti, che però hanno in larga parte bisogno di essere attuati. Obiettivo che sinora non è entrato tra le priorità del governo.
Per dare una spinta nella giusta direzione ho quindi proposto in Ufficio di presidenza della Commissione Ambiente della Camera una indagine conoscitiva sull’applicazione della legge sui Piccoli Comuni. Perché oltre ai decreti attuativi mancano la visione e la convinzione necessarie per dare gambe a questa legge giusta che parla di identità, territorio, ambiente, economia.
E spero saremo in tanti, domenica 2 giugno, a festeggiare nei Piccoli Comuni la Giornata di Voler Bene all’Italia insieme alla festa della Repubblica.
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