Il ministero dell’Ambiente prevede una fase sperimentale di un anno. Un simbolo all’ingresso di bar, negozi e ristoranti aiuterà a individuare gli esercenti che aderiscono all’iniziativa
A BERLINO riporti una bottiglietta di plastica vuota alla cassa e ti restituiscono il costo (il pfand) in centesimi, dagli otto ai 25. Il guadagno è doppio, per l’ambiente e per il portafogli. Sempre lì, da più di 10 anni, qualsiasi esercente è costretto a ritirare il contenitore, anche se non è stato acquistato presso di lui. Che la Germania sia un modello di efficienza, si sa. Ma in materia di riciclo dei materiali, purtroppo, la strada da percorrere per l’Italia è ancora lunga. Torna però – e questa è la buona notizia – la pratica virtuosa del ”vuoto a rendere”. Il meccanismo, già utilizzato negli anni 80 per il vetro, permette di ricevere la piccola ”cauzione” pagata al commerciante al momento dell’acquisto una volta che gli viene restituito il contenitore vuoto.
Ora un simbolo all’ingresso di un bar, di un ristorante, di un albergo o di altri punti di consumo distinguerà quegli esercenti che hanno scelto di aderire alla fase sperimentale del sistema per le bottiglie di birra e acqua minerale. Dal 10 ottobre vetro, plastica e altri materiali (tra i più resistenti) verranno ritirati una volta esaurito il contenuto. A farlo sapere è il ministero dell’Ambiente, dopo avere varato il regolamento (pubblicato il 25 settembre in Gazzetta Ufficiale) che attua la misura del “Collegato Ambientale”, approvato nel 2015 e rivolto alla prevenzione dei rifiuti di imballaggio monouso attraverso l’introduzione, su base volontaria per un anno, del sistema di restituzione di bottiglie riutilizzabili.
In pratica, incoraggiando il consumatore finale a restituire l’imballaggio al produttore si spera di limitare l’impatto dei materiali di scarto sui rifiuti, andando ad alleggerire la raccolta differenziata. Non solo, perché il sistema del ”vuoto a rendere” prevede che i contenitori, così ”salvati” dai cassonetti differenziati, vengano sottoposti a un procedimento di sterilizzazione che richiede il 60% di energia in meno rispetto a quella necessaria alla creazione di un nuovo imballaggio.
Il valore unitario della cauzione sarà proporzionale a quello del ”vuoto”: l’importo potrà variare da 0,05 euro per le lattine da 200 ml, fino a 0,3 euro per le bottiglie da un litro e mezzo e “in nessun caso comporta un aumento del prezzo di acquisto per il consumatore”. Anzi, ad essere ottimisti, si potrà sperare persino che in un prossimo futuro i supermercati attivino un sistema di riconoscimento automatico per resitituire uno scontrino del valore dell’involucro, da utilizzare come sconto o bonus alla cassa.
Le norme sono previste per contenitori di volume compreso tra gli 0,20 e gli 1,5 litri. Altro scopo del decreto, attraverso il sistema di monitoraggio previsto, è quello di valutare la fattibilità tecnico-economica e ambientale del sistema del vuoto a rendere, al fine di stabilire se la pratica sia da confermare ed eventualmente estendere ad altri tipi di prodotto e ad altre tipologie di consumo al termine del periodo di sperimentazione.
·RICICLO DEL CONTENITORE FINO A 10 VOLTE
L’obiettivo del “vuoto a rendere” è sensibilizzare i consumatori sull’importanza del riciclo e diminuire la produzione dei rifiuti: gli stessi contenitori – bottiglie più resistenti in vetro, plastica o altri materiali – potranno essere riutilizzati 10 volte prima di divenire scarto.
·GLI OBIETTIVI
“Un Paese proiettato nell’economia circolare come l’Italia – afferma il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti – non può che guardare con interesse a una pratica come il vuoto a rendere, già diffusa con successo in altri Paesi. Questo decreto – aggiunge Galletti – dà una possibilità a consumatori e imprese di scoprire una buona pratica che aiuta l’ambiente, produce meno rifiuti e fa risparmiare soldi”.
”Finalmente, dopo tre anni, diventa realtà”, commenta il deputato del Movimento 5 stelle Stefano Vignaroli, in prima fila per spingere questa normativa.
Per sapere se la buona pratica porterà a risultati concreti però bisognerà attendere. Resta da vedere come e se il riutilizzo sperimentato andrà a integrarsi con il sistema dei Consorzi Conai per la gestione dei rifiuti da imballaggio e le filiere del riciclo attive nel Paese.
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