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Draghi scrive la Storia della BCE: dai tassi negativi al TLTRO, ecco le 5 mosse per dare credito a famiglie e imprese

By   /  5 Giugno 2014  /  No Comments

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Giornata che è possibile definire storica per la Banca Centrale Europea: l’istituto guidato da Mario Draghi ha infatti deciso di scendere in campo (quasi) in all-in con misure che mirano ad aumentare la liquidità nel sistema economico e riattivare così il circuito del credito, al fine di trascinare l’Europa lontana dalla palude della bassa crescita e dal pericolo deflazione.

 

Tutte le mosse ritenute non improbabili  sono state messe sul piatto in qualche modo, in sostanza escludendo solo il Quantitative Easing, che, come previsto, è stato perora lasciato da parte.

 

Draghi e soci non deludono le attese (pur con alcuni caveat che andremo ad illustrare) e muovono la BCE lungo cinque direzioni.

 

1) L’ovvio taglio dei tassi d’interesse: oltre ad aver tagliato il tasso di rifinanziamento principale allo 0,15% (era allo 0,25%) e quello marginale allo 0,40% (era allo 0,75%), la BCE si spinge in territorio negativo per quello sui depositi overnight. Le banche dovranno quindi pagare lo 0,1% sulle somme in eccesso lasciate a riposare nei forzieri di Francoforte. Gli istituti di credito avranno così due opzioni: la prima è ritirare il denaro e immetterlo nel sistema, la seconda è lasciare la liquidità dov’è e traslare la tassa sui propri clienti, col risultato di avere una riduzione dell’offerta di credito. L’alternativa è assumersi il costo della “tassa”, comprimendo i margini di profitto e, di nuovo, riducendo ulteriormente l’offerta di credito;

 

2) Viene esteso il piano MRO a tasso fisso fino alla fine del 2016: le banche potranno quindi richiedere liquidità teoricamente illimitata alla banca centrale a tasso fisso per ulteriori 18 mesi circa;

 

3) Viene terminato il piano di sterilizzazione dei titoli nell’ambito del Securities Markets Programme: la BCE, insomma, libererà liquidità per circa 175 miliardi di euro evitando di coprire gli acquisti di titoli di Stato dei Paesi in crisi drenando liquidità dal mercato con altri mezzi;

 

4) Viene varato un piano di LTRO targettizzato: in poche parole la BCE fornirà denaro alle banche a patto che queste lo girino alle famiglie e alle piccole imprese. Saranno escluse le forniture volte ad acquistare titoli di Stato e verso il settore pubblico in generale (fatto che negli anni scorsi ha portato le banche destinatarie dei precedenti LTRO ad acquistare debito pubblico, senza pompare “sangue” nel sistema economico) e, più in generale, in quei settori in cui vi siano sintomi di bolla (per esempio nel mercato immobiliare). Il valore di queste operazioni dovrebbe aggirarsi sui 400 miliardi di euro: il denaro verrà fornito in due operazioni a settembre e dicembre, ed avranno scadenza a settembre 2018;

 

5) Sono state gettate le basi per un programma di acquisto diretto di ABS: la banca centrale in futuro potrebbe acquistare titoli che contengono al proprio interno delle “fettine” di mutui e prestiti erogati dalle banche, in modo tale da rendere il mercato più liquido e liberare gli istituti finanziari dai fardelli (ad esempio crediti “dubbi”) che impediscono loro di rifornire l’economia reale di nuovo credito. In ogni caso, non interesserà il settore finanziario. Come previsto, questa misura dovrebbe vedere la luce dopo la conclusione del programma AQR, ovvero non prima del tardo autunno del 2014.

 

L’obiettivo di queste misure appare chiaro: riattivare il credito in Europa continuando non solo a fornire liquidità, ma anche obbligando gli istituti di credito a ritornare nel settore privato. I tassi d’interesse sui titoli pubblici sono già ai minimi e, almeno nelle aspettative, ciò dovrebbe spingere al ritorno all’antico mestiere delle banche, ovvero prestare soldi a famiglie e imprese che desiderano impiegarli a fini produttivi. Lo stesso TLTRO ribadisce esplicitamente questa previsione.

 

Ma il bazooka resta nel cassetto – Il vero “bazooka” nelle mani di Draghi, però, è un altro. Si tratta dell’intervento di cui si discute ormai da due anni: un ampio piano – almeno 1.000 miliardi – di acquisto di titoli di Stato simile a quello messo in campo dalla Fed con il cosiddetto “quantitative easing” (allentamento quantitativo). L’operazione, alla quale a sorpresa in aprile ha aperto anche il “falco” Jens Weidmann, governatore della Bundesbank e membro del consiglio direttivo della Bce, avrebbe l’effetto di abbassare i tassi sui titoli, alzarne i prezzi e, attraverso diversi meccanismi di trasmissione,  far ripartire l’economia: il ragionamento di base è che se le famiglie vedono aumentare il valore dei Bot e Btp che hanno in tasca sono più portate a spendere. Per ora il governatore ha scelto di tenere l’arma nel cassetto, ma potrebbe sfoderarla in autunno. “Non finisce qui”, ha infatti risposto Draghi quando gli è stato chiesto Francoforte abbia esaurito le munizioni contro la bassa inflazione e la stagnazione dell’area euro. La Bce agirà ancora “se servirà e sempre nell’ambito del nostro mandato”.

 

Peccato però che ci siano anche cattive notizie, che probabilmente hanno portato alla decisione di mettere sul mercato gran parte dei cannoni della politica monetaria: la BCE ha infatti peggiorato le sue ottimistiche previsioni in relazione all’andamento dell’economia dell’area euro. Il prodotto interno lordo dovrebbe crescere dell’1,0% nel 2014 in luogo del precedente +1,2%: si tratta di una stima già più realistica, anche se tale realismo è annacquato da un maggiore ottimismo nel medio termine, visto che la previsione sul PIL 2015 è stata portata a +1,7%.

 

Ma è soprattutto l’inflazione che continuerà a preoccupare: la BCE ha tagliato il proprio outlook fino al 2016, quando i prezzi dovrebbero crescere all’1,4%, ben lontana dall’obiettivo di medio termine del “quasi 2%”.

 

Outlook abbastanza preoccupante, si direbbe, ma secondo Mario Draghi “we’re not finished here”, non è finita qui, e il creativo presidente della BCE potrebbe tirare fuori dal cilindro ulteriori misure per riportare l’ordine in Europa, almeno per quanto riguarda la politica monetaria.

 

L’incognita resta su come, se e quando queste misure si trasmetteranno all’economia reale, e quali effetti si avranno sulle imprese, sulle famiglie, sulla crescita e sull’inflazione, ma secondo Draghi gli effetti dovranno essere evidenti nei prossimi tre o quattro trimestri.

 

L’intervento della BCE si può tranquillamente definire storico sia per innovazione che per portata (almeno nel Vecchio Continente); l’augurio è che, a differenza di altri interventi passati, questo all-in-o-quasi possa salvare l’Unione (specie la periferia) dalla stagnazione in cui, al momento, sembra destinata a rimanere. La BCE, dopo tante parole, ha finalmente fatto la sua parte, sperando, dopo averla invocata per mesi, che non sia scesa in campo troppo tardi.

 

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