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Distributori automatici di frutta e verdura a km0: la nuova frontiera del mercato ortofrutticolo

By   /  8 Giugno 2014  /  No Comments

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Distributori automatici di frutta e verdura a km 0 saranno il futuro del cibo bio, aperti 24 ore su 24 con prodotti ortofrutticoli freschi. In Francia sono una realtà molto apprezzata. In Italia? Ce n’è già uno.

Pensate di uscire dall’ufficio alle 18:00. Di voler preparare una zuppa di verdure per cena. La sola idea di andare al supermercato ad acquistare l’occorrente vi fa desistere. Invece pensate di avere un distributore automatico, vicino casa, in cui andare a rifornirvi, senza code e senza sprechi di imballaggi, con prodotti freschi, a km 0, e disponibili 24 ore su 24. In Francia la spesa di frutta e verdura bio si fa così.

Frutta e verdura bio – Più di 100 agricoltori hanno deciso di investire in questo tipo di servizio. In pratica si muniscono di un distributore automatico al cui interno conservano frutta e verdura freschi, a km 0, rispettando la stagionalità e i metodi di coltivazione naturali. Le persone si fermano al distributore, acquistano cià di cui hanno bisogno e vanno via soddisfatte.


Filiera corta a km 0 – Gli agricoltori che partecipano al progetto si impegnano a garantire la freschezza e la genuinità dei prodotti e il sistema di vendita e acquisto dal produttore al consumatore ha molto successo poichè i distributori sono fruibili 24 ore su 24 e 7 giorni su 7.


Prodotti sfusi senza sprechi – Si commerciano patate, verdure e frutta di stagione, senza inutili imballi, il consumatore porta la borsa da casa e prende il quantitativo di cui ha bisogno. In questo modo si azzerano le code alla cassa, i prezzi salati, con un risparmio notevole e una grande comodità.
In Italia si conta un solo esperimento del genere a Ravarino, in provincia di Modena ma l’interesse verso questo tipo di progetto è in aumento.

 

Ma attenzione perché in Italia è impossibile intraprendere qualsiasi strada senza imbattersi in possibili truffe. Questo è l’Italiano.

 

Truffe alimentari prodotti a km 0 – La truffa è dietro l’angolo, a chilometro zero. A Padova quattro produttori agricoli l’hanno fatta semplice e grossa: hanno acquistato, a prezzi stracciati, cassette di frutta e ortaggi deteriorati presso il Mercato agroalimentare della città (Maap) e hanno messo in vendita la merce in quattro farmer’s market della zona, come se arrivasse direttamente dai loro campi. Adesso rischiano due anni di reclusione per frode in commercio, e una multa di qualche migliaio di euro. Ma a parte il codice penale (articolo 515) l’episodio di Padova segnala un rischio reale che scuote una delle più promettenti filiere dell’Italia agricola e commerciale, la rete appunto dei mercati a chilometro zero.

 

Come si esce dal tunnel del rischio truffa a chilometro zero?  Per carità, innanzitutto non iniziamo a chiedere una nuova pioggia di leggi nazionali e locali, regolamenti  e norme di vario livello. Non affidiamo, cioè, la pratica alla burocrazia. E partiamo da un dato di fatto: i mercati a chilometro zero sono una importante leva per valorizzare l’agricoltura made in Italy e per arricchire l’offerta commerciale, con relativi vantaggi in termini di costo dei prodotti, per i consumatori. Guai a sprecarla. D’altra parte la spesa alimentare delle famiglie italiane è al centro di una vera rivoluzione, alimentata anche dalla Grande Crisi e dalla gelata degli acquisti (meno 2 per cento, in media, dall’inizio del 2014), come dimostra il fatto che negli ultimi tre anni il 77 per cento dei consumatori di prodotti alimentari, innanzitutto le donne, hanno modificato radicalmente le loro abitudini.

 

Dove acquistare prodotti alimentari a km 0 – A parte i farmers market (più di mille soltanto quelli che si svolgono in tutto il Paese sotto la sigla “Campagna amica” della Coldiretti), con sagre annesse e connesse, si sono moltiplicati, per esempio, i Gas (gruppi di acquisto solidale), quasi tremila, ai quali aderiscono in media 30-40 famiglie ciascuno. Gli acquisti si fanno via web, e alla base dell’identità dei Gas oltre il risparmio, in media il 20 per cento, c’è proprio l’obiettivo di “fare la spesa a chilometro zero”. Una parola magica, perfetta dal punto di vista del marketing, che ha spinto anche la grande distribuzione a sparigliare il tavolo ed a modificare la sua offerta. Due casi per tutti. In fondo, il fenomeno di Eataly, la creatura di Oscar Farinetti, è nato ed è esploso grazie al marketing sottostante della vendita a chilometro zero.  E oggi possiamo definire Eataly, l’ultima storia di successo della filiera agroalimentare italiana, per quello che realmente rappresenta: un supermercato di eccellenze italiane che comunque arrivano da tutto il Paese. La Conad, che come tutti i player della grande distribuzione deve fare i conti con un’affollata concorrenza e con margini molto bassi sulle sue vendite, ha inventato una sua linea di generi alimentari made in Italy con ottima qualità e prezzi competitivi, Sapori & Dintorni, tutta ispirata al format dell’eccellenza della produzione territoriale e poi del chilometro zero.

Perfino navigando nell’universo di Amazon, gigante mondiale dell’e-commerce, ci si imbatte nell’offerta di 43 prodotti tipici regionali, incardinati sotto la sigla Vivere la Toscana, che vengono spediti a casa all’insegna della filosofia del chilometro zero. E nel 2013, in piena recessione e in piena caduta dei consumi, in Italia sono stati aperti 3.341 piccoli negozi  alimentari (con anche articoli per la casa), di strada, di quartiere, e di rione. Lo hanno fatto perlopiù cittadini immigrati, che tentano di fare il salto dal lavoro dipendente alla piccola impresa commerciale dopo avere capito al volo le nuove tendenze degli italiani in termini di spesa: meno acquisti compulsivi e meno sprechi, più attenzione al prezzo e più voglia di prossimità, compreso il chilometro zero.

 

La vendita dei prodotti locali per valorizzare l’agricoltura made in Italy – La concorrenza dei punti vendita può fare solo bene alle tasche e al palato degli italiani, dunque, a condizione che non sia né sleale né bucata, come un dente cariato, dalle truffe. Né bisogna gonfiarsi la bocca con la retorica della nostra identità, per rendersi conto di un fatto elementare: più vendite di prodotti locali, a parte la migliore qualità, si traducono in una leva, in un moltiplicatore, per il nostro settore agricolo, dove si sprecano posti di lavoro che invece si potrebbero creare. I prodotti fasulli, in qualche modo, vanno messi nel conto della rivoluzione a cui stiamo assistendo, ma per scovarli esistono già uomini e strumenti, dalle associazioni di categoria ( a partire dall’Ascom che considera i farmer’s market una sorta di luoghi dello spaccio di merce taroccata) a quelle dei consumatori, passando per i vari nuclei di addetti ai controlli, dalle Asl a Polizia e Carabinieri. Lo scandalo di Padova, per esempio, è stato scoperchiato da una segnalazione e da un intervento di un gruppo di agenti della Guardia forestale. Tra di loro, in prima fila, c’erano due donne abituate a fare la spesa ed a scansare, a volte solo con un’occhiata alla merce in vendita, il pericolo della truffa dietro l’angolo.

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