Sulle mascherine chirurgiche ed FFP1-2-3 in tutta Italia ormai regna molta confusione. Molte le aziende che, visto il fermo dell’attività dovuto al coronavirus, hanno importato o iniziato a produrre mascherine per riuscire a fatturare almeno qualcosa. Purtroppo però il fenomeno di certificati falsi o fatti passare per certificazione CE dai produttori cinesi sta costringendo la Guardia di Finanza a lavorare con attenzione su questo fenomeno costringendola ad intervenire praticamente tutti i giorni su tutto il territorio nazionale. Basta digitare su google “sequestro mascherine” che capire come regni il caos totale.
Come in altre Città siciliane e italiane, anche a Calatafimi è dovuta intervenire per controllare importazioni da produttore cinese che ha spacciato agli importatori test, report e dichiarazione di conformità italiana come certificazione CE. La dichiarazione di conformità ha generato molta confusione nelle aziende italiane importatrici che, vedendosi presentare confezione e mascherine con marchio CE dai produttori cinesi e riscontrando la veridicità del “Certificate of Compliance” dell’Ente Italiano che lo rilascia, come ad esempio entecerma.it, sono caduti nel tranello.
Attenzione quindi, il “Certificate of Compliance” (come quello che potete vedere in foto), NON È UNA CERTIFICAZIONE CE ma un attestato che, secondo l’azienda che lo rilascia, attraverso la modulistica fornitagli dal produttore ed associata a quel prodotto (test, report e schede tecniche), dimostra che il prodotto è a norma ma attenzione perché il rilascio della certificazione CE è soggetta ad ulteriori step. I produttori cinesi però non dicono questo ma fanno credere agli importatori che i report, le schede tecniche e questo certificato rilasciato al momento della vendita siano tutto ciò di cui si necessita per loro poter marchiare i prodotti con il simbolo CE ed essere quindi in regola.
Ma in Italia il responsabile della corretta documentazione diventa l’importatore, e non più il produttore cinese, in quanto non facente parte dell’Unione Europea. Quindi bisogna prestare molta attenzione per non cadere in questo tranello che ha colpito molti.
La raccomandazione quindi è quella di non importare/acquistare nessuna mascherina che abbia il simbolo CE ma con solo questo tipo di certificazione che può trarre in inganno perché verrà sequestrata dalla Guardia di Finanza in quanto prodotto non vendibile visto che il produttore non ha ancora fatto eseguire tutti gli step per il rilascio della vera e completa certificazione CE ma di fatto solo dei primi step. Dovrebbe altrimenti essere l’importatore ad effettuare gli ulteriori step per ottenere la certificazione CE ma prima dovrebbe essere messo a conoscenza di ciò, cosa che non viene fatta dal produttore che assicura invece che quello sia un Certificato CE.
Se acquistate invece come cittadini chiedete al venditore si esibirvi la certificazione CE in suo possesso e se vi mostra solo questo documento siate consapevoli che se continuate nell’acquisto non state acquistato un prodotto con marchio CE valido.
Non per forza però vi è necessità di marchio CE per le mascherine FFP2 e chirurgiche.
Come previsto dal DPCM del 17 marzo 2020, è possibile chiedere all’Istituto Superiore della Sanità o all’INAIL di andare in deroga ma per fare questo il prodotto non deve avere una marchiatura CE falsa altrimenti l’istanza ha già un difetto di forma in partenza. Per andare in deroga bisogna presentare tutta la modulistica richiesta: dall’Istituto Superiore della Sanità in caso di mascherine chirurgiche; dall’INAIL in caso di DPI.
A questo punto al venditore va chiesta: o la certificazione CE valida o l’autorizzazione alla vendita ricevuta dall’Istituto Superiore della Sanità o dall’INAIL dopo aver accolto la richiesta in deroga del produttore/importatore/commerciante.
Attenzione quindi a non cadere nel tranello !
Normativa totalmente differente in caso di distribuzione gratuita delle mascherine chirurgiche o DPI
C’è sempre un eccezione in Italia. Se un imprenditore/produttore/importatore/commerciante è soggetto ad una serie di ferree ed ingarbugliate normative per la messa in commercio di questi dispositivi che possono rappresentare una possibilità di sopravvivenza aziendale e ad oggi così essenziali per la sicurezza contro il Covid-19, quasi tutto cambia in caso di distribuzione gratuita come sta ad esempio facendo la protezione civile in tutta la Sicilia e in tutta Italia in queste settimane. Quelli che sono di fatto i vincoli di marchiatura CE o sicurezza cadono quasi tutti. Si assiste infatti anche alla distribuzione di pacchetti di mascherine chirurgiche e DPI, non solo privi di certificazione CE, ma con le sole istruzioni d’uso, avvertenze e certificazioni in lingua cinese. La domanda quindi è semplice… che senso ha applicare o non applicare una normativa che ha l’obiettivo di salvaguardare la salute a seconda del contesto ?
Un imprenditore/importatore/produttore/commerciante viene ancora una volta penalizzato e imprigionato nelle sempre più imbrigliate norme italiane ed europee, un ente pubblico può invece fare quello che a queste categorie viene impedito, cioè non considerare passi cruciali della normativa perché la distruzione è gratuita e non si applicano le stesse direttive di quelle commerciali. Ma se l’obiettivo della normativa è tutelare la sicurezza delle persone che usano questi prodotti, questo come è possibile ?
Assistiamo dunque ad assurde situazioni come questa riportata da TP24:
Coronavirus, le mascherine e le istruzioni in cinese. La Seus non è sicura dell’efficacia
Le mascherine di protezione dal Coronavirus, quelle arrivate in dotazione alla Seus, la società che in Sicilia gestisce il 118 sono cinesi e lo sono, dunque, le loro istruzioni. La società non le capisce e non è sicura della loro efficacia e protezione dal virus.
“La Seus non è in grado di definire il livello di sicurezza dei dispositivi di protezione consegnati poiché le specifiche tecniche sono in cinese e risulta assente la grafica internazionale sulla classificazione di categoria”, così ha comunicato all’Osservatorio Epidemiologico della Regione il direttore generale Davide Croce.
Le mascherine con le istruzioni in cinese alla Seus non le hanno proprio capite. E così, non riuscendo a leggere le istruzioni né le specifiche tecniche, ha detto che sì, sulle ambulanze verranno usate ma che non si assume alcuna responsabilità sulla loro efficacia contro il Coronavirus.
Il direttore della società che gestisce le ambulanze del 118 ha scritto alla Regione dopo aver ricevuto una cospicua dotazione di mascherine che Palazzo d’Orleans ha acquistato una decina di giorni fa dalla Cina. Da Pechino sono arrivati 3 milioni di mascherine e centinaia di migliaia di camici e copricapo al termine di una trattativa riservatissima che ha permesso alla Regione di superare le difficoltà incontrate perfino dalla Protezione Civile nazionale. Una operazione che ha consentito a Musumeci di dotare ospedali e ambulanze di tutto quanto è necessario.
Ancora un caso tutto all’Italiana dove gli imprenditori/importatori/commercianti/produttori vengono giustamente controllati per garantire la sicurezza pubblica ma poi lo stesso principio non viene applicato agli Enti Pubblici alla quale viene concesso quasi tutto da quanto sembra e riportato sopra. Si generano così sequestri perché manca una certificazione CE ma si hanno test, report ed istruzioni in inglese ed italiano mentre si permette la distruzione di mascherine con tutto in cinese.
La rivolta di commercianti e farmacisti contro il prezzo imposto di €0,50 per le mascherine chirurgiche
In questi giorni ore molte sono le proteste da parte dei commercianti e dei farmacisti per il prezzo imposto dal governo sulla vendita delle mascherine chirurgiche. Sia per chi li produce, sia per chi li importa, il costo oscilla dallo €0,40 allo €0,60 escluso iva, imporre quindi un prezzo di €0,50 automaticamente sta creando danni economici non indifferenti a tutti coloro in Italia che avevano già importato questa tipologia di mascherine o che la producono ad un costo tra lo €0,40 e lo €0,60
Arcuri sostiene di aver proposto/fissato questo importo perché ha già chiuso l’accordo con 5 industrie italiane per una loro produzione a €0,38 a mascherina. Ma cosa succederà a tutti coloro che hanno già importato ad un prezzo superiore o che le producono ad un prezzo più alto ?
La difficoltà nel reperire la materia prima che serve per la produzione delle mascherine chirurgiche oltre alla grande richiesta di questo prodotto, ha forzatamente fatto alzare il costo, una decisione del genere rischia dunque di creare diversi danni economici alle tante aziende italiane già allo stremo per questa maledetta pandemia e dagli aiuti nazionali che tardano ad arrivare.
Accordo tra Arcuri e i farmacisti: “Rimborsi per le mascherine pagate più di 50 centesimi”
Tutte le farmacie e le parafarmacie italiane saranno messe in condizione di vendere a tutti i cittadini le mascherine chirurgiche al prezzo massimo di 0,50 euro, al netto dell’Iva, fissato ieri con una ordinanza del commissario Domenico Arcuri. E ciò avverrà senza alcun danno economico per i farmacisti italiani. È quanto prevede l’accordo sottoscritto dal commissario per l’emergenza e dall’Ordine dei farmacisti, Federfarma e Assofarm. Alle farmacie che, negli ultimi giorni, hanno acquistato dispositivi di protezione a un prezzo superiore ai 50 centesimi verrà garantito, secondo quanto prevede l’intesa, un rimborso e saranno assicurate forniture aggiuntive tali da riportare la spesa sostenuta, per ogni singola mascherina, al di sotto del prezzo massimo deciso dal Governo.
Nelle prossime ore verrà sottoscritto un ulteriore accordo che consentirà alle associazioni di farmacisti di negoziare, congiuntamente con il commissario, l’acquisizione di importanti quantitativi di mascherine a un prezzo inferiore a quello massimo fissato dall’ordinanza.
«Si garantisce, concretamente, il diritto alla salute di tutti i cittadini, la possibilità di acquistare le mascherine a un prezzo giusto, si blocca qualsiasi forma di speculazione e non si danneggiano i farmacisti che con spirito di servizio e sacrifici hanno svolto e continueranno a svolgere un ruolo importante nella gestione della epidemia», si legge in una nota che annuncia l’accordo.
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