Cinque persone su 100 sono positive ai test sierologici del coronavirus.
I primi risultati siciliani degli screening sulla popolazione vengono dalle province di Trapani e Ragusa, che per prime hanno dato il via ai controlli. Dati che rivelano che la percentuale di popolazione venuta a contatto con il virus è molto superiore rispetto a quella che ha sviluppato i sintomi. E si calcola che in province come Catania ed Enna, dove i casi accertati sono stati superiori rispetto agli abitanti, la fetta di cittadini che ha sviluppato gli anticorpi sia superiore.
All’Asp di Trapani i test sierologici sono partiti già a fine marzo. Ad oggi ne sono stati eseguiti 4.200 test con prelievo di sangue: 2500 sugli operatori sanitari, gli altri in case di riposo ed Rsa, altri mille nella ex zona rossa di Salemi. Di questi oltre 200 (il 5 per cento) sono risultati positivi.
Solo all’ospedale Sant’Antonio di Trapani, sono stati eseguiti 668 test e sono stati trovati 34 positivi. Tutti coloro cui è stata riscontrata la presenza di anticorpi nel sangue sono stati sottoposti a tampone e sono risultati negativi. Segno che l’infezione non è più in corso e che è passata senza dare sintomi. In totale in provincia di Trapani, dall’inizio dell’emergenza, sono risultati infetti 125 su 7.419 tamponi eseguiti. Ciò significa che il numero degli asintomatici accertati finora attraverso i test sierologici è quasi il doppio.
Anche Ragusa, una delle province con meno casi accertati (90 su 7.454 tamponi eseguiti), riserva sorprese. Dai primi risultati dei test sierologici sui sanitari emerge anche qui una fetta di persone che hanno sviluppato gli anticorpi pari al 5 per cento circa. A Ragusa, su 289 test, 22 sono risultati positivi, a Modica il 4 per cento, a Vittoria il 3 per cento. In questi giorni sono partiti anche gli screening su forze dell’ordine e personale della questura a domicilio con due infermieri.
I test sono iniziati a singhiozzo ma qualunque cittadino privato può richiederlo a proprie spese. Ma come denunciato dal coordinamento intersindacale degli specialisti accreditati, l’assessorato alla Salute non ha ancora pronta una piattaforma informatica dove caricare i dati, necessaria per il tracciamento dei positivi da sottoporre a tampone.
In ogni caso essere negativi al test non dà patenti di immunità. “Il test – spiega Marcello Ciaccio, professore di Biomedicina e diagnostica avanzata all’università di Palermo – fa capire la reazione dell’organismo al virus, ma serve uno studio di almeno tre prelievi per vedere nel tempo se questa immunità rimane o no”.
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