Le famiglie con figli festeggiano. Il Consiglio dei ministri ha partorito – è il caso di dirlo – il decreto per l’assegno unico, una misura di sostegno al reddito basata sul numero dei figli e che va riducendosi all’aumentare del reddito con un tetto fissato ai 50.000 euro: si parte da un massimo di 217,8 euro al mese per figlio per calare fino a 30 euro arrivando alla soglia massima di Isee.
Scatta anche un rafforzamento degli assegni familiari che rimangono per i lavoratori dipendenti con figli e redditi bassi: per loro l’assegno unico arriverà dal prossimo gennaio. L’obiettivo è quello di aiutare i cittadini italiani, europei o con permesso di soggiorno, residenti in Italia da almeno due anni e che abbiano un contratto di lavoro almeno semestrale, nelle spese per la gestione dei figli.
Si parte il primo luglio
Di sicuro la misura sarà più robusta dei tradizionali aiuti e arriverà direttamente sul conto corrente: a regime varrà sei miliardi in più. Per il momento, cioè già dal primo luglio, l’assegno andrà ai lavoratori autonomi, disoccupati, incapienti e percettori del reddito di cittadinanza. Cioè ai circa 2 milioni di famiglie che prima non godevano degli assegni familiari. Il decreto approvato dal consiglio dei ministri è infatti un decreto “ponte” in attesa che l’ “assegno unico” venga esteso, a partire dal primo gennaio 2022 anche ai lavoratori dipendenti.
Come funziona l’assegno unico
Benché definito come “universale”, l'”assegno unico” si ferma alle famiglie con un reddito Isee fino a 50.000 euro e in alcuni casi andrà a sommarsi alla misura del reddito di cittadinanza e verrà erogato dall’Inps. Spulciando dalle tabelle allegate al “decreto ponte” emerge che una famiglia con un reddito annuale fino a 7.000 euro riceverà un assegno di 167 euro al mese per figlio, che sale a 217,8 euro a figlio “per i nuclei con almeno tre figli minori” cioè dal momento in cui si entra nel settimo mese di gestazione del terzo figlio. In caso di tre figli quindi l’assegno mensile sarà di 653,4 euro per 7.840,8 euro annui.
La cifra scende all’aumentare del reddito chi ha un reddito da 40.000 a 50.000 euro lordi riceverà 30 euro al mese a figlio, 40 a partire dal terzo. Chi, ad esempio ha un reddito intorno ai 30.000 avrà 51 euro o 67 euro a partire dal terzo figlio. L’ammontare dell’assegno è stabilito in base a un algoritmo che segue da vicino la variazione del reddito per assicurare la massima equità.
L’assegno è poi aumentato di 50 euro mensili per ogni figlio minore con disabilità. Oltre che con il reddito di cittadinanza, l’assegno è sommabile anche ad altre “misure in denaro a favore dei figli a carico erogate dalle regioni, province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali,”.
Aumentati gli assegni familiari
In attesa che l’assegno entri in vigore anche per i lavoratori dipendenti, il “decreto ponte” ha aumentato anche gli assegni familiari di 35,7 euro mensili a figlio per i nuclei familiari fino a 2 figli, per i nuclei familiari di almeno tre figli gli importi sono maggiorati di 55 euro per ciascun figlio per equipararli al trattamento previsto dall’assegno unico. L’onere della misura è di 3 miliardi complessivi: 1,580 miliardi di euro per finanziare “l’assegno unico” . 1,380 miliardi per finanziare l’aumento degli assegni familiari dei dipendenti, e 30 milioni di euro per il rifinanziamento dei centri di assistenza fiscale previsti dallo stesso decreto La misura non va letta come un primo passo della riforma dell’Irpef richiesta dal Recovery Plan.
In realtà dovrà piuttosto essere necessariamente armonizzata con il pacchetto fiscale che Governo e il Parlamento dovranno affrontare nei prossimi mesi. In questa sede bisognerà evitare che “l’assegno” finisca – come al momento è destinato necessariamente – per aggravare i disequilibri del peso fiscale che grava sul ceto medio dipendente, disequilibri già ampiamente denunciati nel corso dell’indagine conoscitiva fatta dal Parlamento proprio in vista della riforma.
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