Quella del Brasile è la stessa bellezza dei giovani, piena delle contraddizioni di chi non è ancora pronto eppure non vede l’ora di mangiarsi la vita a morsi, che chi giovane e bellissimo è già stato e non è più, come l’Italia, può solo invidiare. Come sempre coi giovani, qualcuno si erge a moralista e ci spiega che no, così non va, sono cattivi e i Mondiali non se li meritano e poi no, i soldi non li hanno spesi bene e le strutture ancora non ci sono.
Forse eravamo pronti noi da giovani, ai tempi dei Mondiali del Trentaquattro, in pieno Ventennio e con tanto di saluto romano a centrocampo? E per le Olimpiadi di Roma come stavamo messi, quindici anni dopo la Guerra? O dobbiamo solo ringraziarle per aver fatto partire il Miracolo Economico?
Lo stadio di San Paolo aspetta già la sua nazionale e all’inizio della cerimonia si fa trovare tutto dipinto di giallo come la squadra che tra poco sarà in campo contro la Croazia. I favoriti, in verdeoro com’è sempre stato dopo la terribile sconfitta nell’atto finale del Cinquanta, la partita persa a Rio de Janeiro contro l’Uruguay col suo corollario di suicidi e, appunto, il cambio di colori sociali contro la sfiga.
La cerimonia in effetti è poca cosa, due o tre riferimenti alla maestosa cultura brasileira e pure un po’ macchiettistici e banalotti, ma si sa, il risparmio taglia a casaccio e i soldi preferisce spenderli per Jennifer Lopez e compagnia (non) cantante.
Ma adesso basta, è l’ora. Benvenuto, Brasile 2014!
Vito Aguanno
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