Madrid, Palazzo Reale. 18 giugno 2014. Juan Carlos di Borbone firma l’atto di successione che gli consente di abdicare a favore di suo figlio Felipe. Dalla mezzanotte, quindi, il nuovo sovrano spagnolo è Felipe VI. Dopo 39 anni di regno di Juan Carlos I, si conclude così un’epoca per lo Stato iberico. La storia, però, è beffarda. Ama prendersi gioco di noi, in questo caso degli spagnoli. Quella firma di abdicazione arrivata alle ore 18:00 sembra essere stata una spada di Damocle anche per la Spagna calcistica.
Rio De Janeiro, Maracanã. 18 giugno 2014. Il Cile batte la selezione spagnola con il risultato netto di 2-0. La Spagna, dopo la vittoria al precedente, è estromessa da questo Mondiale. Era capitato anche a noi italiani. Dopo la vittoria di Berlino nel 2006, siamo stati eliminati nella fase a gironi del successivo mondiale sudafricano. Questa volta, però, la Spagna ha saputo fare anche di peggio. Perché l’eliminazione è arrivata quando gli mancava ancora una partita da disputare. Un risultato che dice tutto! Con la sconfitta arrivata alle 22:45 italiane si conclude così anche il ciclo vincente delle Furie Rosse. Un periodo di 4 anni (2008-2012) che ha portato in bacheca due Europei di fila e una Coppa del Mondo.
L’evidenza ci impone di suonare il requiem per un gruppo di campioni. Della generazione degli Xavi, degli Iniesta, dei Casillas, dei Ramos, dei Torres, dei Piqué. Di una squadra che ha segnato il terzo millennio del calcio. Come in passato fecero l’Olanda di Cruijff o il Milan di Sacchi. L’ha fatto di pari passo con il Barcellona -anche lui giunto al capolinea – con un gioco unico. Il Tiki-Taka. Un gioco da molti amato e da tanti altri odiato. Un gioco che per farlo, però, ha bisogno di veri campioni che lo interpretino. Poche storie!
Ma come dire? Chiusa una porta si apre un portone. Sarà vero anche in questo caso?! Dietro ai senatori, che lasceranno la maglia della Roja, crescono già diversi campioncini pronti a sostituirli. Da Koke a Isco, da Jesé Rodriguez a Thiago Alcantara, passando per Morata. Qualcuno ancora da sgrezzare, altri che magari avrebbero già fatto comodo in Brasile. E, allora, l’obiettivo è quello di tornare competitivi già in tempo per Euro 2016.
Intanto, però, fra qualche decennio, il 18 giugno 2014 sarà ricordato come il giorno che in Spagna ha sancito la fine di tutto.
Gaetano Pisano
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