In onore a Gianni Brera, aveva giocato da squadra femmina. In onore ad Antonio Conte, aveva giocato uguale spiccicata alla Juve di quest’anno. In onore al buonsenso, non aveva giocato affatto Thiago Motta. Una Nazionale ordinata, la Celeste sbiadita come il bianco delle sue divise odierne. Tutto perfetto. Fino al 59’.
Perché al cinquantanovesimo minuto di Italia-Uruguay, nell’assoluto nulla emozionale della trequarti sudamericana, tale Antonio Rodríguez Moreno, per brevità chiamato arbitro, decide di prendersi la scena di un incontro in verità assolutamente anonimo. Dev’essere così pensando che tira fuori dal taschino il cartellino rosso e lo sventola davanti all’ottimo Claudio Marchisio. Comincia un’altra partita, e gli Azzurri la perderanno.
Fino a quel momento niente di trascendentale, certo, ma l’Uruguay cancellato dal campo e un’Italia discreta facevano ben sperare per quel pareggio che ci avrebbe qualificato agli ottavi di finale. Giusto un tiro in porta, una “maledetta” di Andrea Pirlo troppo centrale per creare difficoltà a Muslera, più qualche bella giocata di Marco Verratti buttata lì apposta per lasciare in Brasile una domanda: perché contro Costa Rica è stato rimpiazzato dall’oriundo brasiliano? Nel dubbio, los Ticos ancora ringraziano.
L’espulsione, dicevamo. Un’espulsione senza senso, a meno che non siate un arbitro messicano che incrocia la strada dell’Italia ai Mondiali di calcio, vent’anni dopo il vostro connazionale Arturo Brizio Carter, e vogliate emulare le sue mirabolanti gesta. Come fu allora Gianfranco Zola, stavolta il malcapitato è Marchisio, autore di un fallo inutile quanto innocuo e cacciato dal terreno di gioco senza passare dal via.
Nella bagarre entra pure Thiago Motta, però i nostri non si perdono d’animo e continuano a difendere con ordine; un bell’intervento di Buffon su Suárez ci tiene in vita al 66’, ma gli uruguagi sono lì sornioni ad aspettare un bravo calcio piazzato che ci punisca. L’occasione arriva puntuale al minuto ottantuno, calcio d’angolo e gol di Diego Godín, perché i giocatori di personalità chi ce li ha ce li ha, e chi non ce li ha si chiama Italia. Non c’è nemmeno l’assalto finale, si va direttamente a casa.
Perdiamo contro l’Uruguay magari senza meritarcelo, però usciamo dalla Coppa del Mondo e forse invece questo è giusto. Difesa imbarazzante, aggiustata solo nell’ultima partita affidandosi completamente al blocco bianconero, e attacco inesistente, due gol in tre partite e zero nelle ultime due. Ma soprattutto carenza di personalità e di calciatori validi, che se una colpa si può dare al dimissionario Prandelli è quella di aver pensato di comandare il gioco senza avere a disposizione le risorse necessarie (salvo ripensarci, da persona intelligente, nel match decisivo).
Per la seconda volta consecutiva finiamo fuori al primo turno ed è senza dubbio un gran peccato, fermo restando che secondo me questi seri problemi del calcio italiano, di cui tutti parlano, riguardano più che altro un ragazzo di trent’anni in gravi condizioni al Policlinico Gemelli.
Vito Aguanno
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