Si parla da tempo e la cosa sembrava impossibile. Da più parti veniva sollevata l’oppurtinità che le tasse pagate da imprese che risultano attive e produttive in Sicilia, restassero alla regione. E così adesso questo è possibile. L’agenzia delle entrate, con la risoluzione E/50 del 13/05/2014 , ha istituito il codice tributo dovuto alla Sicilia. E’ l’ultimo passo dell’attesa attuazione dell’articolo 37 dello statuto autonomistico siciliano che giunge 68 anni dopo l’entrata in vigore dello stesso Statuto avvenuta il 15 maggio del 1946. In buona sostanza le imprese che hanno sede legale in una qualsiasi città italiana ma stabilimenti produttivi in Sicilia dovranno versare alla Regione siciliana una parte dell’Ires e una parte dell’Irpef ovvero la quota che fa riferimento al reddito realizzato dagli stabilimenti che hanno sede in Sicilia.
La notizia giunge proprio nel giorno in cui Matteo Renzi, fa visita alla Sicilia e a conclusione di un lungo e travagliato iter. La norma nasce con lo statuto nel 1946 ma il primo sì alla sua applicazione arriva nel 2005 sotto il governo Cuffaro. Il decreto nazionale è il 241 e riguarda principalmente le tasse automobilistiche ma sancisce il principio che alla Sicilia spettano le imposte prodotte nell’isola. La norma viene applicata solo in parte fino allo scorso anno. Il 19 dicembre 2013 arriva, infatti, il decreto attuativo finale. Ieri la delibera dell’Agenzia delle entrate che istituisce il codice.
Nel dettaglio il provvedimento sostanzialmente per le imprese non modifica nulla eccetto il codice da riportare in sede di pagamento delle tasse. Invariati sia scadenze che metodi di pagamento ma bisognerà suddividere le imposte fra la Sicilia e lo Stato, cioè in base a dove il reddito è stato prodotto.
Ma in soldoni a quanto ammonterebbero gli euro che rimangono in Sicilia? Un primo dato si ha da una quantificazione degli uffici regionali e rigurda il 2005; sarebbero 800 milioni di euro, una stima quest’ultima che forse risulta la più realistica rispetto a quella che dichiarò il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone che riferisce di 8 miliardi l’anno, cifra che si riduce a 200 milioni per il 2014 secondo le stime che l’ex assessore regionale all’economia Luca Bianchi fece in sede di bilancio di previsione; cifre che mettono in evidenza l’effetto della crisi che ha ridotto di moltissimo le stime originarie.
Un provvedimento quello dell’agenzia delle entrate che se da un lato rafforza il concetto di autonomia siciliana anche dal punto del federalismo fiscale, apre la strada a diversi interrogativi, primo fra tutti, cosa lo stato centrale e quindi Roma, pretenderà in cambio di mancati introiti dalla regione. Le vere conseguenze di questa nuova situazione le potremo valutare solo nel 2015 a consuntivo del primo bilancio nella nuova forma. Solo allora sapremo chi ha guadagnato e chi ha perso. Difficile, però, pensare che Roma ceda senza combattere se i conti sono sfavorevoli. La Sicilia adesso è Autonoma e deve farsi i conti da sola. Ad ogni modo appare difficile, che Roma ceda facilmente senza combattere, nel momento in cui i conti dovrebbero rilevarsi sfavorevoli.
Fonte -BN-
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