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Trema la sterlina, al quinto ribasso di fila. Cosa succede se la Scozia esce dal Regno Unito? Quale scenario per l’Eurozona?

By   /  9 Settembre 2014  /  No Comments

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«We are in England, not in Scotland». Nei pub inglesi, quando scocca la campanella che annuncia la chiusura, spesso fa eco questo brindisi. Segno che elementi di nazionalismo sono ancora forti nel Regno Unito. E ora arriva un test importante.

È infatti scattato il conto alla rovescia per il futuro di Scozia, Inghilterra e Regno Unito. Il 18 settembre gli scozzesi votano il referendum per l’uscita dal Regno Unito. Se vince il “sì” la Scozia torna indipendente, se vince il “no” non cambia nulla rispetto allo stato attuale è il Regno resto “Unito”.

Gli investitori intanto non stanno a guardare perché l’esito del voto potrebbe avere ripercussioni rilevanti sul mercato valutario, sia sulla diretta interessata (la sterlina) ma anche su altri Paesi, come Irlanda del Nord e Galles, e sull’euro dato che un’uscita della Scozia – secondo alcuni analisti – potrebbe riaccendere i sentimenti anti-euro in alcuni aree dell’Eurozona con un accentuarsi del fenomeno anche in Francia dove, secondo gli ultimi sondaggi, il Front National di Marine Le Pen (che tra i punti in programma annovera l’uscita dall’euro) vincerebbe nettamente le elezioni se si andasse al voto domani.

Nelle ultime ore si sono già visti gli effetti sui mercati. Venerdì sera la sterlina è crollata ai minimi degli ultimi 10 mesi sul dollaro (chiudendo la settimana a -2,9%) dopo che è stato diffuso un aggiornamento del sondaggio elettorale e oggi la discesa è proseguita. Questa mattina la sterlina accusa la quinta flessione consecutiva di discesa sul dollaro a 1,614 da 1,630 della chiusura, livelli più bassi dal novembre del 2013. Nei confronti dell’euro la divisa è ai minimi da metà agosto.

La coalizione del “sì” sarebbe passata in vantaggio con una quota del 51%. Un passo in avanti consistente rispetto al precedente sondaggio (tra il 42 e il 44%) che conferma che il referendum sarà senza dubbio un combattuto testa a testa tra lo Scottish national party (a favore del “sì”, tra i cui slogan vi sono “Utopia of the eyes” e “Sì, Scozia, mai più governi tory!”) e il fronte del “no” che può contare sull’ex ministro delle Finanze laburista, Alistair Darling, sul sostegno del mondo delle imprese e di alcuni celebri personaggi (come l’autrice di Harry Potter, J.K. Rowling che ha donato un milione di sterline per la campagna pro-unione che si condensa nello slogan “Better together”).

A questo punto, quando è acclarato che sarà un duello serrato e per nulla scontato, si sta impennando la volatilità sul mercato dei cambi. Ci sono almeno un paio di domande da porsi.

1) Cosa accadrebbe alla sterlina in caso di indipendenza della Scozia?

«Le esportazioni di petrolio della Scozia sostengono la bilancia commerciale del Regno Unito. In caso di uscita della Scozia dal Regno Unito ci sarebbe quindi un impatto sfavorevole sulla bilancia commerciale del Paese. Si stima che il deficit commerciale sul Pil del nuovo Regno Unito (dopo l’uscita della Scozia) aumenterebbe del 2/3% – sostiene Maria Paola Toschi, market strategist di Jp Morgan asset management – . Per questo motivo l’uscita della Scozia dal Regno Unito avrebbe un impatto sulla sterlina negativo. Per questo il cancelliere Osborne sta accelerando i tempi per annunciare misure per garantire maggiore indipendenza alla Scozia in termini di tasse, sanità e mercato del lavoro. L’obiettivo è scoraggiare l’uscita della Scozia, che avrebbe implicazioni sfavorevoli per l’economia del Regno Unito. Tuttavia questo tentativo di riforma sembra un po’ tardivo».

Per Matteo Paganini, chief analyst di Fxcm Italia «la sterlina sta scontando i sondaggi attuali con un’apertura in gap ribassista di 150 punti contro il dollaro americano (che ha trascinato tutte le sterline a ribasso) e potrebbe soffrire ulteriormente nei prossimi 10 giorni se i sondaggi dovessero mostrare degli ampliamenti della forbice tra separatisti ed unionisti. In caso di referendum a favore di una scissione potremmo assistere a nuove discese della sterlina nel breve termine, in un tipico movimento da “buy the rumor, sell the news” dove si va a scontare la possibile uscita della Scozia dal Regno Unito prima che avvenga e per poco tempo dopo la conferma del fatto. Dal momento in cui la BoE deciderà di rialzare i tassi di interesse è possibile che la sterlina torni a macinare terreno nei confronti del dollaro e delle altre major».

Ora i mercati prezzano l’incertezza, in caso di uscita della Scozia la sterlina potrebbe perdere il 10%. È il parere di Vincenzo Longo, strategist di Ig: «In questo momento, la sterlina sta prezzando uno scenario di piena incertezza sull’esito del referendum. Questo ci induce a pensare che, se nel corso dei prossimi giorni i “sì” dovessero guadagnare consensi probabilmente la sterlina continuerà a perdere inesorabilmente terreno. Una vittoria dei “sì” potrebbe penalizzare la sterlina e riportarla sui minimi del 2013, con un deprezzamento dai livelli attuali di circa l’8-10%. Sebbene quello scozzese sia stato da sempre il fronte più secessionista nei confronti di Londra, gli investitori potrebbero scontare che anche altre nazioni, come il Galles e l’Irlanda del Nord possano procedere alla separazione».

Di certo la volatilità fino al 18 settembre sarà alta. «La sterlina è destinata a rimanere sotto pressione nel breve termine, in vista del voto del 18 settembre voto. I periodi di crescente volatilità sono stati storicamente negativi per il valore della sterlina e la recente volatilità elevata nella valuta rischia di indurre ulteriore debolezza», afferma Martin Arnold, Senior research analyst di Etf Securities.

Dello stesso parere Regina Borromeo, portfolio manager di Brandywine (gruppo Legg Mason): «Il risk premium legato alla sterlina rispetto alle altre principali valute aumenterà. Mentre i dati economici hanno dimostrato una forte elasticità, le ripercussioni politiche e l’incertezza causeranno volatilità e preoccupazione».

«Se se vincesse il sì all’indipendenza potrebbe deprezzarsi ulteriormente. La Gran Bretagna perderebbe l’8% della popolazione e il 32% del territorio. La Scozia, con un’economia di 150 miliardi di sterline, contribuisce per il 10% all’intera economia britannica e, senza considerare l’industria petrolifera, l’8,2% di tasse – spiega Luciano Turba, consigliere Assiom Forex -. La moneta sarebbe più debole e le mancate entrate fiscali del petrolio inciderebbero in maniera negativa sul deficit dello Stato. Oltretutto la popolazione scozzese è meno sana e con aspettative di vita meno lunghe rispetto a quella inglese e ciò potrebbe far salire le spese per la sanità pubblica».

Per Aurelija Augulyte, Senior Fx strategist di Nordea «in caso di voto favorevole, ci aspettano mesi, se non anni di incertezze sulla spartizione del fardello fiscale, elezioni, uscita dall’Unione europea.. e l’incertezza è esattamente il rischio principale per la sterlina: alla luce della situazione attuale, ogni ulteriore aumento della volatilità nel forex aiuterà il rapporto euro/sterlina. Il governo scozzese ha dichiarato a fine giugno che la soluzione preferita per la valuta sarebbe la sterlina unica. Tuttavia il governo britannico ha escluso questa opzione. L’economia scozzese è strettamente legata a quella del Regno Unito e due terzi delle esportazioni va verso il Regno Unito. Crediamo quindi che la decisione più probabile in caso di indipendenza sia l’introduzione di una nuova moneta».

E qui siamo al secondo grande quesito:

2) Una Scozia indipendente quale valuta adotterebbe?

Le ipotesi sul piatto sono varie: dal mantenimento della sterlina (ma con negazione dei debiti) fino all’introduzione di una nuova valuta. «Ci sono quattro possibili opzioni: una sterlina unica con accordo formale o nessun accordo formale con il resto del Regno Unito, l’adesione all’euro o l’introduzione di una nuova moneta scozzese – afferma Augulyte -. Se avessimo una nuova valuta scozzese, il vaso di Pandora si scoperchierebbe: la possibilità di avere più valute anche nell’Eurozona aumenterebbe. Positivo per la volatilità, per le banche europee e per gli strategist del forex.

«È possibile che si continui ad utilizzare la sterlina in ottica di un mini sistema “moneta unica britannica” ma crediamo che questo comporti dei rischi enormi per il nuovo Paese – continua Paganini -. La lungimiranza degli scozzesi, se dovessero effettivamente decidere di staccarsi dalla Gran Bretagna probabilmente li porterà a decidere l’adozione di una valuta domestica dopo qualche anno, nel caso in cui i negoziati sulle proprietà dei pozzi petroliferi dovessero, come crediamo, assegnare oltre il 90% dei diritti alla stessa Scozia».

« Il partito nazionalista scozzese, lo Scottish National Party, ha fatto sapere che rifiuterà di farsi carico dei debiti della Gran Bretagna se non sarà consentito alla Scozia ancora l’utilizzo della sterlina in caso di vittoria dei “si” – indica Longo -. Quello della valuta rimane un tema di forte scontro che potrebbe richiedere un lungo periodo di mediazione tra le parti coinvolte».

Toschi sottolinea che «gli stessi indipendentisti propongono una valuta alternativa che sarebbe probabilmente più forte della sterlina inglese, proprio perché godrebbe della solidità della bilancia commerciale della Scozia, sostenuta dalle esportazioni di petrolio. Alcuni si spingono a pensare alla creazione di una speciale unione valutaria tra le due sterline, inglese e scozzese. Tuttavia è ancora difficile fare valutazioni su queste questioni tecniche».

«Questo costituisce il punto più controverso: la Scozia vorrebbe continuare ad usare la sterlina, ma la Gran Bretagna probabilmente userebbe questo come leva politica per una situazione che diverrebbe decisamente ingarbugliata – spiega Turba -. Per i nazionalisti, una Scozia sovrana potrebbe finalmente utilizzare i proventi derivanti dal petrolio per investire nello stato sociale. Il petrolio garantirà entrate fiscali pari a 57 miliardi di sterline entro il 2018 e sarà estraibile per altri 30-40 anni, assicurano gli indipendentisti. E il fracking nel Mare del Nord potrebbe aumentare la quantità di greggio recuperabile. D’altra parte però, se la Scozia continuasse ad utilizzare la sterlina si troverebbe con una moneta che dipende da decisioni prese a Londra».

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