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Scozia, oggi si vota, il referendum per l’indipendenza visto con gli occhi del resto del mondo

By   /  18 Settembre 2014  /  No Comments

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Ormai ad una manciata di ore dall’apertura delle urne, concluse anche le ultime battute di una campagna elettorale che può dirsi vinta a mani basse dal fronte del “si”, passato da una percentuale irrisoria a preoccupare e non poco Londra, gli occhi dell’intero Regno Unito sono fissi sulla Scozia. Stando agli ultimi sondaggi riportati da Electionista, rispetto a qualche settimana fa il voto contrario all’indipendenza di Edimburgo sembra essere tornato in testa, fisso al 52%. Tuttavia, il margine ristretto che separa quest’ultima percentuale dal dato che in previsione guadagneranno gli indipendentisti – in questo caso si parla di un minimo del 41% e di un massimo del 48%, sempre stando ai sondaggi – non può certo conciliare il sonno a coloro che da settimane spingono affinché lo status quo dello United Kingdom non venga stravolto dopo più di 300 anni di storia.

 

Eppure, a prepararsi ad una lunga maratona di fiato sospeso, chi sperando nella vittoria dello YES Scotland (gruppo guidato dall’SNP, cui hanno preso parte i Verdi e i Socialisti), chi auspicando che a prevalere siano i sentimenti unitari della compagine Better Together (Laburisti, Conservatori e Liberaldemocratici), non sono in pochi anche al di fuori dei confini scozzesi.

 

 

Per la Cina, ad esempio, il referendum scozzese può essere ritenuto un vero e proprio spauracchio. L’establishment comunista di Pechino, com’è noto, guarda sempre con una certa preoccupazione ad ogni forma di separatismo, ben consapevole delle difficili situazioni ‘interne’ del Tibet o, peggio ancora, della regione occidentale dello Xinjiang, dove vivono gli uiguri, minoranza turco fona a maggioranza musulmana. Proprio qui, ormai da anni, il Dragone tenta di nascondere sotto il tappeto della censura e della repressione ogni forma di indipendentismo, bollato dal presidente Xi Jinping, con l’estremismo e il terrorismo, come una delle “tre forze del male” da debellare dal Paese. Inoltre, ad alzare le tensioni a Pechino in vista del referendum scozzese potrebbero essere le analogie, tutt’altro che sottostimabili, tra Edimburgo e il già citato Xinjiang: entrambi sono situati ad Ovest del ‘Regno’, entrambi sono scarsamente popolati ed entrambi, e qui sta il punto focale, sono particolarmente ricchi di vaste riserve di petrolio. In questo senso, non deve stupire la netta presa di posizione da parte del Dragone, che per bocca del primo ministro Li Keqiang ha espresso il suo pieno e assoluto sostegno ad uno “United Kingdom forte, prospero e unito”.

 

 

Al contrario di Pechino, in Russia sembra prevalente il supporto alla causa indipendentista. Nonostante per Mosca sia (o dovrebbe essere) particolarmente complicato dirsi assolutamente favorevole al secessionismo – se è vero che ha sponsorizzato la separazione della Crimea dall’Ucraina e oggi è impegnata a lavorare nell’ombra affinché lo stesso destino tocchi alle regioni ad Est di Kiev, Paesi come Cecenia e Georgia dovrebbero accendere una lampadina sulla vera o quanto meno cangiante natura dell’Orso -, la recente crescita del fronte YES Scotland ha appassionato cittadini e uomini politici. Tra questi, è stato sollevato da numerosi media internazionali il caso del parlamentare Konstantin Rykov: quest’ultimo, sul suo profilo Twitter, oltre a condividere una serie di immagini e di tweet pro-indipendenza, ha lasciato ben poco all’immaginazione modificando il proprio nome in McRykov e aggiungendo alla propria foto una spilla blu dove troneggia in bianco l’invito a votare “si” alla scissione scozzese. Tuttavia, mentre è molto circolata sul web una foto di Igor Girkin, tra i leader della rivolta separatista nell’Est dell’Ucraina, vestito per l’occasione come una sorta di moderno William Wallace, va sottolineato come Putin o altre figure di spicco della classe dirigente russa si siano ben guardati dal dare giudizi o esprimere pareri sulla questione. “Non ci riguarda, si tratta di un problema interno della Gran Bretagna. Penso che ogni nazione abbia il diritto all’autodeterminazione”, si è limitato a commentare il presidente russo lo scorso gennaio, aggiungendo che “rimanere all’interno di un unico Stato forte presenta alcuni indiscutibili vantaggi, e questo non va dimenticato”.

 

 

Uscendo da questo dualismo russo-cinese sono altri i Paesi, le regioni o i gruppi che hanno seguito e tutt’ora seguono con grande interesse gli sviluppi del referendum. Ovviamente favorevole al separatismo è ad esempio la Corea del Nord, tanto che alcuni funzionari del regime guidato dal giovane Kim Jong-un interpellati dal Telegraph hanno sottolineato quanto l’establishment abbia un buon presentimento sul referendum. Altrettanto vicini alla causa indipendentista scozzese sono i curdi, a cui ha dato voce in questo senso il Kurdistan Tribune, citato dal britannico Independent. Salmond e il gruppo dello YES Scotland hanno supporter inoltre anche negli Stati Uniti, dove hanno incassato l’appoggio del Texas Nationalist Movement, senza dimenticare ovviamente la Catalogna, regione spagnola dove è pressante la richiesta di un referendum simile a quello scozzese ma dove, al contrario che nel Regno Unito, la Costituzione non lo permette. Curiosamente, proprio a causa dell’ok di Londra alla consultazione popolare in Scozia, i separatisti della Catalogna stanno in questi giorni elogiando tanto gli indipendentisti scozzesi quanto Cameron e il governo, sottolineando quando sia stato democratico e giusto a consentire il referendum.

 

 

Dall’altra parte della barricata, invece, sembra essersi schierata l’India, che per bocca del ministro degli Esteri Sushma Swaraj non ha nascosto la propria contrarietà alla scissione del Regno Unito. Segue a ruota l’esempio di Nuova Delhi l’Australia, con il premier Tony Abbott che ha sottolineato quanto, in sua opinione, sia “difficile vedere come il mondo sarebbe aiutato da una Scozia indipendente”. Ancora, assolutamente contrari al separatismo di Edimburgo, sono gli Stati Uniti e la Spagna, quest’ultima come già detto alle prese con le tensioni in Catalogna.  

 

Fonte -IBT-

 

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