La nota di Adusbef e Federconsumatori parla chiaro: la legge di stabilità 2015 sarà l’ennesima stangata di Renzi alle famiglie, che si ritroveranno 330 euro di nuove tasse sul groppone. Ecco cosa si dovrà pagare, come scrivono Elio Lannutti (Adusbef) e Rosario Trefiletti (Federconsumatori).
La manovra da 36 miliardi approvata ieri sera dal Consiglio dei Ministri, che promette un taglio a tasse e spesa, risparmi per 15 miliardi (6 da Regioni ed Enti locali, 2 miliardi dalla Sanità), un recupero di 3,8 miliardi dall’evasione fiscale, una stretta su fondazioni e fondi pensione, sgravi per partite Iva e figli, uno stop all’Irap sul lavoro e zero contributi nei primi tre anni per le imprese che assumono, il Tfr (volontario) in busta paga), oltre ad infliggere l’ennesimo colpo allo Stato Sociale, nasconde l’ennesima stangata sui consumatori che potrebbe essere stimata in circa 330 euro per ogni famiglia.
Il Governo infatti, con una mano dà 80 euro a circa 10 milioni di occupati, con la vana speranza di far ripartire i consumi, che saranno ancora stagnanti per lunghi mesi in una fase di forte depressione economica e di totale sfiducia nella ripresa produttiva, con l’altra addossa a Sanità, Regioni ed Enti Locali oneri per circa 8 miliardi di euro che dovranno essere coperti da nuove tasse, stimate in almeno 330 euro per ogni nucleo famigliare, per pagare l’Irap delle imprese e gli 80 euro.
Una manovra recessiva con coperture aleatorie, come il recupero di 3,8 miliardi dall’evasione fiscale ed i 15 miliardi di revisione della spesa, tagli lineari che dovrebbero arrivare da ministeri (6,1 miliardi) ed Enti Locali (4 miliardi dalle Regioni, 1,2 miliardi dai Comuni, 1 miliardo dalle Province- ancora in piedi), che non affronta i veri nodi di una inversione di tendenza per la ripresa produttiva che destina solo 0,5 miliardi alla scuola e 0,25 miliardi alla Giustizia, non avrà alcuna capacità di rimettere in moto l’economia ed i processi produttivi.
Una manovra da prestigiatore, smentita dalle tabelle allegate nelle 136 pagine del documento di economia e finanza (Def),nota di aggiornamento e relative tabelle approvato il 30 settembre 2014 dal CDM, non si intravede quel sostanzioso taglio alla spesa pubblica, come propagandato ai quattro venti dal premier Matteo Renzi.
Al contrario (tab. III,pag.29 del DEF) a fronte di un +0,5% del Pil nel 2015 e di una previsione di crescita dell’economia di un +0,8% nel 2016, e +1,2 % nel 2018, è prevista una crescita della spesa pubblica dagli 827,1 miliardi di euro nel 2013, ad 833,1 miliardi nel 2015; 847 miliardi di euro nel 2016; 853 mld nel 2017, per arrivare a 867,9 miliardi di euro nel 2018, che non si conciliano con la revisione della spesa pubblica (spending review), mentre la pressione fiscale, entrate tributarie passano da 485,9 miliardi di euro nel 2013, a 493,8 nel 2015 per arrivare a 507,9 nel 2016 e 531 nel 2018 ?
Un governo che vuole aggredire la spesa improduttiva riduce le spese correnti, taglia gli emolumenti ad alcune Autorità contigue con le banche, che oltre a 41.000 euro di stipendi mensili, dota 1.000 dirigenti di carte di credito che possono spendere fino a 120.000 euro l’anno (400 euro al giorno come argent de poche-naturalmente da rendicontare); affronta la questione di 100 miliardi di euro di oro e riserve di Bankitalia, destinando il 10% del ricavato (10 miliardi) a ricerca, sviluppo, innovazione, cofinanziando la banda larga per ammodernare il paese, finanzia scuola e giustizia, con opportune dotazioni economiche.
Le ricadute voce per voce:
330 euro a famiglia dagli 8 miliardi tagli a Regioni e Sanità, coperti con maggiori aliquote fiscali;
14 euro dall’inasprimento della tassazione sulla previdenza e la nuova imposta sui fondi pensione;
23 euro dall’anticipo Tfr delle banche, retribuite al tasso del 2,625% (oltre alla garanzia statale*);
239 euro con la prevista clausola di salvaguardia rincaro Iva dal 4 al 10% su pane, latte, pasta,ecc;
TOTALE 606 EURO.
calatafimisegestanews
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