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Perché i dipendenti pubblici non avranno il TFR in busta paga?

By   /  25 Ottobre 2014  /  No Comments

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All’interno della legge di stabilità vi è la controversa norma che permette ai lavoratori di richiedere che la quota mensile del TFR (la liquidazione attualmente messa da parte dall’azienda o versati in fondi pubblici o privati) venga messa in busta paga. Il TFR diventa così una parte qualsiasi del reddito, ed è perciò tassata ad aliquota marginale, solitamente più alta che se il lavoratore avesse lasciato il TFR dov’era (ma anche su quel TFR si pagheranno più imposte).

La scelta è irrevocabile e dura fino al 2018, ed è svantaggiosa per quasi tutti i lavoratori (probabilmente, nonostante la stampa dica il contrario, anche sotto i 15mila euro di reddito, a causa della scomparsa delle detrazioni).

Ci sono però alcuni lavoratori che non potranno godere di questa opzione, e sono i lavoratori pubblici. Come mai questa discrepanza?

Il motivo, facilmente intuibile, diventa evidente quando si guardano le famigerate tabelle della legge di stabilità: l’aumento delle imposte sul TFR in busta paga porterà al governo oltre 2 miliardi di euro in maggiori imposte. L’azienda paga il TFR trattenendo l’imposta dovuta, che versa allo Stato: il Governo vince, l’azienda e il lavoratore perdono, ma questa è un’altra storia.

Che succede se chi paga il TFR non è l’azienda, ma lo Stato? Semplice: lo Stato paga il TFR al lavoratore al netto dell’imposta dovuta, per cui il saldo finale è negativo per lo Stato. Il “privilegio” del TFR in busta paga diventa insomma una spesa per lo Stato, il che non è bellissimo, all’alba di un possibile conflitto di bilancio con l’Europa proprio per un pugno di miliardi di euro.

Le tabelle della stabilità rivelano quindi una realtà amara, ovvero che il governo ha una forte intenzione di approfittare dell’ignoranza media del lavoratore in materia tributaria e di matematica finanziaria: se lo scopo fosse stato infatti “dare al lavoratore ciò che è del lavoratore”, il governo avrebbe potuto e dovuto accettare di dare il TFR a tutti a costo di spendere un po’ di quattrini. Ma non è questo il caso.

Qui lo scopo è semplicemente fare un po’ di cassa approfittando di lavoratori disinformati: consegnando ai disinformati (e disperati) volontari un po’ di “cash” in più adesso, gli si taglia un po’ di reddito sia oggi (sotto forma di maggiori imposte) che domani (poiché per tre anni non potranno approfittare della “magia” dell’interesse composto, che negli anni avrebbe fatto crescere la pensione futura senza dover fare nulla: parliamo di oltre il 10% del risparmio previdenziale perduto grazie a questo magheggio, ovvero Renzi ha supertassato il reddito futuro dei lavoratori). Ecco perché dare l’opzione anche ai dipendenti pubblici avrebbe rovinato il gioco di prestigio sui conti pubblici, diminuendo le entrate, e magari andando in territorio negativo.

Ma il gioco potrebbe rovinarsi ugualmente: che succede se le previsioni del governo risulteranno essere sbagliate e i lavoratori decideranno di informarsi e di non approfittare della possibilità di ricevere il TFR in busta paga? Succede che il governo si ritroverà con un buchettino nei conti da riempire.

Come? Il governo Renzi, in linea con i precedenti governi, ha dimostrato molta fantasia: basterà alzare retroattivamente qualche altra tassa (oppure obbligare il lavoratore a prendersi il TFR in busta paga ed costringerlo a fregarsi da solo) ed ecco che il buco creato da una norma sciocca verrà riempito. Certo, se ne creerà un altro da un’altra parte, ma in fondo è così da decenni, e anche la prossima volta si troverà una soluzione: la fantasia del governo nello stuprare i contribuenti non conosce limiti. Neanche lo scorrere del tempo: i governi italiani, quando si tratta di tassare, hanno la macchina del tempo.

 

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  • Published: 7 anni ago on 25 Ottobre 2014
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  • Last Modified: Ottobre 25, 2014 @ 12:12 pm
  • Filed Under: Lavoro
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