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Slot machines, caso chiuso: i concessionari se la cavano con 857 milioni

By   /  9 Febbraio 2015  /  No Comments

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Ricordate il caso delle slot machines, iniziato nel 2007, passato anche dal condono del governo Letta? La storia si è chiusa due giorni fa, con la sentenza d’Appello della Corte dei Conti sulle ultime due concessionarie che avevano presentato ricorso. Morale della favola: dei 90 miliardi di euro, cifra inizialmente contestata dalla Procura Generale della Corte dei Conti, calcolando evasione fiscale, penali, multe, contratti non rispettati e interessi, poi diventati 2.5 miliardi nel primo grado, si è arrivati ad un conto finale di 857 milioni. 

Come? La vicenda è lunga, ma non è poi così complessa.

Nel 2004 il governo Berlusconi aveva parzialmente liberalizzato il settore del gioco d’azzardo: per legge le famigerate slot machines avrebbero dovuto essere collegate ai Monopoli di Stato. Ma circa il 90% delle macchinette salta questo passaggio e i dieci concessionari che si spartiscono il mercato fanno profitti enormi. Per ogni ora evasa, le società avrebbero dovuto pagare 50 euro di multa.

 

Nel 2007 il GAT (Gruppo Antifrodi Tecnologiche) della Finanza guidata da Umberto Rapetto, fa il conto della multa: 98 miliardi. La Procura Generale della Corte, dopo un ricalcolo, la riduce a 90. Tra i concessionari il pesce più grosso, che gestisce un terzo del mercato all’epoca, è l’Atlantis World Nv di Francesco Corallo, figlio di Gaetano, uomo legato alla Cosa nostra catanese di Nitto Santapaola. Corallo junior ha legami con la politica, in particolare con il centrodestra. All’epoca il rappresentante legale di Atlantis in Italia è Amedeo Laboccetta, prima AN, poi PDL. Nel 2005 erano venute fuori intercettazioni che svelavano le pressioni sui Monopoli da parte di Francesco Cosimi Proietti, deputato di AN. Ci sono anche dei finanziamenti Atlantis per la campagna elettorale di AN e gli affari tra la stessa concessionaria e le società di comunicazione della famiglia Proietti. 

 

Corallo spunta fuori anche nell’inchiesta a carico di Massimo Ponzellini, gà numero uno del colosso dell’edilizia Impregilo (vinse l’appalto per il Ponte sullo Stretto) e presidente della Banca Popolare di Milano, arrestato nel maggio 2012 con l’accusa di infedeltà patrimoniale e associazione a delinquere, finalizzata alla commissione di più reati (tra cui corruzione, emissione di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio). Ponzellini, da presidente della Bpm, concede quasi 6 milioni di euro di finanziamenti a Corallo e 148 alla Bplus, il nuovo nome della Atlantis.

 

La prima sentenza della Corte dei Conti ridimensiona notevolmente la multa per i 10 concessionari: circa 2.5 miliardi (frutto di diverse irregolarità, ma non di evasione fiscale). A quel punto c’è di nuovo la politica a infilarci lo zampino. Il governo Letta (con Berlusconi nella maggioranza) per coprire il mancato gettito del taglio IMU si inventa una sanatoria sui contenziosi per danni erariali in sospeso tra primo e secondo grado. Chi paga subito il danno contestato in primo grado, si giova di uno sconto del 75%. Accettano tutti tranne la Bplus e Hgb, che arrivano fino al secondo grado. La sentenza gli è comunque ‘favorevole’: la multa della Bplus passa da 835 a 335 milioni. Hgb da 200 a 72. E la storia è chiusa.

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