L’ottobre scorso Matteo Renzi annunciava con la solita pompa magna una riforma della partite IVA che avrebbe dovuto permettere ai titolari di risparmiare qualcosina su tasse e contributi. Non era così, ovviamente, e, fra le altre sorpresine, il decreto Milleproroghe (ancora da approvare nella sua interezza) ha anche riportato la situazione al 2014 con nuovo regime forfettario opzionale e contributi INPS bloccati.
In pratica nel 2015, grazie all’approvazione dell’emendamento Sottanelli, sarà possibile scegliere fra il vecchio regime dei minimi (con IRPEF al 5%) e il nuovo regime forfettario (aliquota al 15%), ovviamente se si rientra nei limiti di fatturato (fino a 30mila euro nel primo caso) e di età (fino a 35 anni). Buona notizia per i “ritardatari”, indifferente per tutti gli altri.
Con l’approvazione dell’emendamento Saltamartini, inoltre, viene bloccato l’aumento dei contributi previdenziali da versare all’INPS dagli iscritti alla gestione separata: anche nel 2015 l’aliquota resterà fissata al 27,72% invece che del 30,72%. Si tratta comunque di una proroga: questo significa che, in mancanza di nuovi interventi, nel 2016 l’aliquota salirà al 31,72%, per arrivare al 33,72% nel 2018.
Lo stesso premier Renzi aveva parlato di autogol del governo sulle partite IVA: l’intervento annunciato con soddisfazione (insieme al resto dell'”epocale” legge di stabilità) ad ottobre riusciva nello straordinario intento di scontentare tutti gli autonomi interessati, come peraltro annunciato su queste pagine sin da subito.
Per le vecchie partite IVA non cambiava nulla (e anzi, per gli iscritti alla gestione separata il prelievo contributivo aumentava enormemente), mentre quelle nuove perdevano accesso ad una delle poche cose che funzionavano in Italia, tanto che in seguito all’annuncio delle modifiche si è assistito ad un boom di nuove partite IVA negli ultimi due mesi dell’anno proprio per entrare nel vero regime di vantaggio che andava verso l’estinzione.
Non è comunque finita qui, e il regime prorogato potrebbe essere nuovamente stravolto il prossimo 20 febbraio: in tale data, infatti, il Consiglio dei Ministri dovrebbe provare (di nuovo) a riformare il settore, probabilmente dal 2016. Con un grosso problema da risolvere: quello delle coperture.
Il nuovo regime potrebbe infatti vedere un’aliquota ridotta dal 15 al 12-10%, senza modifica della soglia di fatturato e con l’eliminazione del limite temporale, anche se non è chiaro se gli iscritti al vecchio regime potranno continuare a usufruirne. In caso contrario, il governo dovrebbe trovare un nuovo incentivo per spingere il nuovo regime, visto che il vecchio continuerebbe ad essere più vantaggioso.
L’altro problema restano i contributi previdenziali: nella selva delle casse, i professionisti spesso pagano aliquote molto diverse, e i governi, ormai da diversi anni, pur aumentando gradualmente i contributi, hanno comunque riservato un trattamento speciale per gli iscritti alla gestione separata, che pagano quelle più elevate ma non hanno diritto ad alcuna forma di sostegno nel caso in cui non possano lavorare (e quindi avere un reddito). Un riordino delle contribuzioni e delle elargizioni per mettere i contribuenti su piani meno diseguali sarebbe opportuno.
Esiste anche la possibilità che il governo riesca almeno a concedere la maternità ai lavoratori autonomi, che potrebbero quindi scegliere se continuare a lavorare oppure ricevere per cinque mesi un assegno che sarà in parte a carico dello Stato e in parte prelevato dai contributi di lavoratori e aziende.
Non resta che attendere il Consiglio dei Ministri e sperare in buone notizie.
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