Aryeh Shimron ha lavorato sul caso per 35 anni eseguendo oltre 150 test. Alla vigilia di Pasqua ha rivelato la sua presunta scoperta in una lunga intervista con il New York Times ma soltanto oggi la notizia viene ripresa da diversi media internazionali
NEW YORK. “Gesù non è mai risorto e fu sepolto in una tomba «di famiglia» con la moglie Maria Maddalena e il figlio Giuda”. Non è la trama dell’ultimo kolossal americano sulla vita di Cristo ma la tesi di un geologo israeliano che sostiene di avere prove «virtualmente inequivocabili» che la Tomba di Talpiot, sito funebre scoperto negli anni ’80 a Gerusalemme est, sia il luogo in cui è stato sepolto Gesù con moglie e figlio.
Aryeh Shimron ha lavorato sul caso per 35 anni eseguendo oltre 150 test. Alla vigilia di Pasqua ha rivelato la sua presunta scoperta in una lunga intervista con il New York Times ma soltanto oggi la notizia viene ripresa da diversi media internazionali. Al centro di un documentario di James Cameron del 2007 intitolato ‘L’ultima tomba di Gesu«, a Talpiot furono ritrovati nove ossari sui quali erano iscritti nomi associati con il Nuovo Testamento e anche quelli di ‘Gesù figlio di Giuseppè, ‘Marià. All’epoca la scoperta fu bollata come una mera coincidenza, ma per Shimron invece c’è molto di più. La sua tesi si basa sul ritrovamento di un decimo ossario sul quale c’è l’iscrizione in aramaico, ‘Giacomo figlio di Giuseppe fratello di Gesu». «Le prove vanno oltre quanto mi aspettassi», ha dichiarato lo studioso. Dai test geochimici che ha eseguito sui resti contenuti negli ossari, secondo Shimron, emerge che Gesù si è sposato e ha avuto un figlio. Non solo, la presenza stessa dei resti negherebbe di fatto che la resurrezione sia mai avvenuta.
La tesi del geologo è destinata a suscitare un forte dibattito nella comunità scientifica e un’ondata di polemiche da parte degli esponenti religiosi, come avvenne in passato con l’uscita del documentario su Talpiot. Intanto il collezionista proprietario dell’ ‘ossario di Giacom0’ ha sminuito la scoperta definendola «non definitiva» e gli archeologi israeliani prendono tempo dichiarando di voler aspettare che la ricerca sia pubblicata su una rivista accademica.