La ricerca scientifica italiana è sulle prime pagine dei giornali di mezzo mondo con la notizia di uno studio sull’immunoterapia dei tumori che potrebbe costituire una pietra miliare per la cura delle leucemie. Se ne stanno occupando giornali americani ed europei, fra cui Time, il Times, la Bbc-radio, il Guardian, l’Indipendent, il Telegraf e altri anche dalla Nuova Zelanda.
Protagonista è Chiara Bonini, vicedirettore della divisione di Immunologia, Trapianti e Malattie infettive dell’Ircss San Raffaele di Milano, che insieme a Fabio Ciceri, Direttore dell’ Ematologia e Trapianto di midollo osseo, ha coordinato uno studio con il quale è stato individuato nel sistema immunitario un tipo di cellula ‘memory stem T’ capace di restare a lungo nell’ organismo. Questa cellula, se geneticamente modificata per indurla ad attaccare le cellule tumorali, potrebbe proteggere l’organismo per molto tempo, forse per tutta la vita.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Science Translational Medicinr, del quale l’Ansa ha dato notizia il 10 dicembre scorso, è stato ora ripreso e riproposto in occasione della riunione annuale della American Association for the Advancement of Science (Aaas), una associazione legata alla rivista Science che ogni anno seleziona e propone alla stampa internazionale le tematiche più innovative. Proprio negli ultimi anni la ricerca contro il cancro ha trovato armi molto potenti nel sistema immunitario. E su questo tema nei giorni scorsi a Washington sono stati invitati a parlare tre relatori, uno americano e due europei, tra cui appunto Chiara Bonini. La scoperta della ricercatrice milanese, in particolare, viene giudicata rivoluzionaria da Aaas e dalla stampa internazionale. Nel loro studio clinico, i ricercatori del San Raffaele guidati da Chiara Bonini si sono concentrati su pazienti affetti da leucemia acuta che avevano ricevuto, a partire dall’anno 2000, un trapianto di midollo osseo da donatore familiare parzialmente compatibile. La sperimentazione prevedeva l’infusione di globuli bianchi del donatore, noti come ‘linfociti T’, modificati geneticamente al fine di poter fornire ai pazienti un nuovo sistema immunitario, capace di combattere la leucemia e difenderli dalle infezioni; e suscettibile di poter essere controllato nel caso di complicanze.
A distanza di anni, i ricercatori sono tornati su quei pazienti, verificando che i loro parametri immunologici fossero uguali a quelli di soggetti sani e di pari età, prima di andare ad indagare quali cellule modificate geneticamente avevano resistito nel tempo, e individuando così un sottotipo di linfociti T capace di espandersi e perdurare negli anni. Queste particolari cellule, chiamate memory stem T cells, opportunamente armate contro le cellule leucemiche potrebbero tenere in remissione la leucemia acuta a lungo – secondo i ricercatori – anche per tutta la vita.
L’INTERVISTA
È stata assediata per tutto il giorno da giornalisti di tutto il mondo, Chiara Bonini, la ricercatrice del San Raffaele reduce da una relazione, a Washington, in cui ha spiegato come il suo gruppo abbia scoperto nel sistema immunitario di pazienti curati per leucemia acuta un sottotipo di linfociti T capaci di perdurare a lungo, e che potrebbe essere ‘armatò per combattere la malattia. «Mi fa piacere che si parli molto di queste ricerche, anche a livello internazionale – spiega – perchè sono ricerche molto costose e servono forti investimenti per portarle avanti». Con i suoi studi ha dimostrato che è possibile armare le difese naturali contro la leucemia.
«La nostra ricerca parte dal 2000 – aggiunge – su pazienti affetti da leucemia acuta curati col trapianto di midollo e l’infusione di linfociti T del donatore modificati geneticamente in modo da renderli capaci di uccidere le cellule del tumore». Il concetto potenzialmente vale per ogni tipo di tumore, «ma per ognuno bisognerà studiare e sviluppare un particolare sottotipo di linfociti T persistenti». Il momento decisivo della ricerca è arrivato dopo anni. «Siamo andati a identificare negli stessi pazienti quali cellule del sistema immunitario avevano resistito nel tempo. Siamo partiti avvantaggiati, perchè i linfociti T erano stati modificati tramite la terapia genica ed era possibile quindi rintracciarli nei pazienti a distanza di tempo». «Ci siamo chiesti – spiega la ricercatrice – quale, tra tutti i sottotipi di linfociti T infusi in quei pazienti, 2-14 anni prima, fosse capace di persistere a lungo termine e abbiamo notato che le cellule più capaci di espandersi e di mantenersi a lungo sono le cellule definite ‘memory stem T’».
«Sapevamo da tempo – aggiunge Chiara Bonini – che è possibile armare geneticamente i linfociti T in modo che riconoscano ed eliminino le cellule tumorali con precisione ed efficacia. Ma quelli finora prodotti, pur bravi ad uccidere le cellule tumorali, subito dopo morivano a loro volta, lasciando l’organismo indifeso. Grazie a questo studio, invece, possiamo supporre che se armiamo geneticamente la sottopopolazione di memory stem T cells, queste sopravviveranno a lungo nel paziente, contribuendo a mantenere in remissione la leucemia».
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