Il governo di Baghdad non può gestire direttamente l’evacuazione perché alcune zone vicine sono ancora sotto il controllo del sedicente Stato Islamico. Quindi ha chiesto ai residenti di trasferirsi ad almeno 7 chilometri dal fiume Tigri
Il rischio caduta per la diga di Mosul è “serio e senza precedenti”, al punto da “potere provocare la morte di quasi 1,5 milioni di iracheni che vivono lungo il Tigri“, oltre all’interruzione dell’elettricità in tutto il Paese per molte settimane. Il governo di Baghdad e l’ambasciata Usa in Iraq lanciano l’allarme sulla condizione della diga, presso la quale questa primavera dovranno essere inviati 450 uomini a protezione degli operai italiani della Trevis Spa di Cesena che lavoreranno all’infrastruttura. Secondo l’ambasciata Usa, che avverte anche i residenti, “un’evacuazione rapida rappresenta lo strumento più efficace per salvare vite di centinaia di migliaia di iracheni”, ma il governo di Baghdad non può gestire direttamente l’operazione perché alcune zone vicine sono ancora sotto il controllo del sedicente Stato Islamico (Is). Il primo ministro iracheno Haider al-Abadi ha quindi chiesto personalmente agli abitanti di Mosul di trasferirsi ad almeno sette chilometri di distanza dalla riva del fiume Tigri.
Del pericolo di crollo per manutenzione insufficiente aveva già avvertito il Dipartimento di Stato Usa lo scorso gennaio. Il periodo indicato come più rischioso è la primavera, quando il fiume si ingrossa per la pioggia o per lo scioglimento delle nevi. Obama aveva chiesto personalmente ad al-Abadi di procedere con interventi di urgenza a salvaguardia della diga. Visto il timore che gli interventi fossero effettuati fuori tempo massimo, i funzionari americani hanno chiesto al governo iracheno di mettere in guardia i cittadini, compresi coloro che vivono sotto il controllo dell’Is a Mosul sulle precauzioni da prendere o su come fuggire nel caso in cui la diga dovesse crollare.
Evitare il crollo della diga rappresenta una grande sfida ingegneristica: bisogna rafforzare una struttura enorme costruita all’epoca di Saddam Hussein su una base debole di gesso, calcare e argilla calcarea. Ma il problema è anche politico. Il rischio descritto dai funzionari americani arriva mentre Abadifa i conti con scarsità di budget, con il conflitto in corso con i miliziani dell’Is e con la sfida alla sua autorità posta da politici radicali sciiti che vedono le iniziative americane come una cospirazione per aumentare l’influenza occidentale in Iraq.
La diga di Mosul, completata nel 1984 da una consorzio italo-tedesco, è stata da sempre di difficile manutenzione. Prima che i miliziani dell’Is arrivassero nel nord dell’Iraq nel 2014, erano circa seicento gli iracheni che lavoravano alla diga. Siccome l’acqua stava erodendo la base di gesso sotto la diga, gli iracheni hanno fatto buchi nelle fondamenta e li hanno riempiti con una mistura di cemento. Questo lavoro è stato effettuato tre volte al giorno, sei giorni alla settimana. L’Is ha controllato la diga per poco più di una settimana nell’agosto del 2014, senza danneggiare la struttura. Dopo essere stata riconquistata, però, i lavoratori non sono tornati alla struttura e il governo non ne ha ripreso la manutenzione.