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Accordo Governo-Ryanair: ecco la vera storia delle tasse aeroportuali e del piano di investimenti sull’Italia

By   /  20 Agosto 2016  /  No Comments

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Medaglia d’oro in marketing e comunicazione per il Governo Renzi e la compagnia aerea irlandese Ryanair che in questa settimana di Ferragosto tengono banco grazie ad un presunto mega investimento in Italia nato dal taglio della tasse dell’esecutivo.

Il clamore mediatico nasce da un post esultate del premier, che su Facebook scrive: “Ridurre le tasse non è soltanto giusto, ma è anche un fatto di competitività. Lo dimostra in queste ore l’accordo con Ryanair, ma è solo uno dei tanti esempi che possiamo fare. Qualche settimana avevo ufficialmente promesso ai presidenti di Abruzzo e Sardegna che avremmo evitato l’aumento delle tariffe aeroportuali decise da altri negli anni passati. Abbiamo mantenuto la promessa e il ministro Delrio ha presentato ieri insieme a Michael O’Leary il miliardo di investimenti di Ryanair in Italia, non solo ad Alghero o a Pescara”… etc etc.

In pratica il premier sostiene di aver ridotto le tasse aeroportuali, introdotte da un altro Governo e quindi convinto la Ryanair a presentare un piano di investimenti in Italia per un miliardo di euro. Chapeau. Ma cerchiamo di fare chiarezza sulla situazione che non sta esattamente come Governo e compagnia aerea vorrebbe far credere.

Tasse aeroportuali: chi, come e perché

Partiamo da questa famigerata tassa (che in realtà sarebbe una tariffa) aeroportuale. Questa è stata decisa dal precedente Governo del Partito Democratico, guidato dal premier Enrico Letta, ma è stata applicata a partire dal primo gennaio 2016, in pieno Governo Renzi, che, se avesse voluto, avrebbe avuto oltre due anni di tempo per sterilizzare l’aumento. E invece no, il Governo Renzi ha fatto scattare l’aumento della tariffa a partire dal primo gennaio 2016, difendendo oltretutto il provvedimento. Basta fare una ricerca su internet per trovare le dichiarazioni del Ministro del turismo Dario Franceschini che il 12 febbraio 2016 dichiarava: “È evidente che le tasse non sono mai gradite a nessuno, ma i 2,5 euro mi paiono una cosa che sta dentro un sistema (quello del turismo, ndr) che sta crescendo. E quindi non farei drammi su questo”.

La dichiarazione del ministro del Governo Renzi a difesa del rincaro della tariffa seguiva una serie di lamentele e minacce delle compagnie aeree contrarie all’aumento della tassazione. Anche questo elemento trova facilmente riscontro su internet. Basta andare sul sito della Ryanair e leggere un comunicato stampa datato 2 febbraio in cui la compagnia low cost minaccia la chiusura di basi, aeroporti e rotte in Italia: “Ryanair, la compagnia aerea numero 1 in Italia, ha annunciato oggi (2 febbraio) che (da ottobre) sarà costretta a chiudere le sue basi di Alghero e Pescara, a tagliare alcune rotte e a chiudere tutti i voli di Crotone, a seguito dell’illogica decisione del Governo Italiano di aumentare ancora le tasse municipali, danneggiando il turismo italiano, il traffico e i posti di lavoro”.

Ricapitolando: l’aumento della tariffa, prescritto dal Governo Letta, è entrata, però, in vigore in pieno Governo Renzi, il quale ha difeso il provvedimento attirando su di sé le critiche delle compagnie aeree. Inoltre è interessante sottolineare lo scopo di questo aumento di tariffa che alla fine dei conti va a pesare sulla tasche dei cittadini che acquistano un biglietto aereo e sulle compagnie low cost. Come spiegava il Fatto Quotidiano del 3 febbraio scorso le compagnie come Ryanair erano particolarmente incazzate per l’aumento della tariffa perché questa va ad alimentare il fondo per la cassa integrazione dei dipendenti del comparto aereo italiano, in buona parte provenienti da Alitalia e Meridiana. 

Si tratta del Fondo straordinario del trasporto aereo, il cosiddetto Fondo volo, che il governo di Enrico Letta nel febbraio del 2013 ha deciso di rifinanziare fino al 2018 con le quote versate obbligatoriamente dalle aziende e dai dipendenti del settore e con l’aumento della tassazione. E questo fondo, udite udite, è particolarmente benevolo con gli ex piloti che possono contare sulla cassa integrazione all’80% di quanto percepito durante il lavoro più una corposa integrazione del reddito. Il tutto senza alcun tetto massimo: se un pilota Alitalia con esperienza aveva uno stipendio lordo da circa 12 mila euro al mese, anche nel caso di esubero, percepirà comunque 9.600 euro pagato dalla collettività e dalle altre compagnie aeree.

Infine, c’è un altro elemento da sottolineare: il Governo Renzi non ha affatto eliminato l’aumento delle tariffe. Nel decreto Enti territoriali recentemente approvato, il Governo ha sospeso dal primo settembre (dopo la stagione estiva, mica scemo) fino al 31 dicembre il rincaro. I primi ad appludire al provvedimento sono state Ryanair e EasyJet. In particolare Frances Ouseley, direttore di easyJet per l’Italia ha commentato: “Accogliamo con favore l’intenzione del Governo Italiano di sospendere le addizionali d’imbarco per l’ultimo quadrimestre dell’anno in corso, ma auspico sia un primo passo verso una completa abolizione della tassa nel futuro. Da gennaio 2017, infatti, il problema si riproporrà in modo strutturale e va quindi affrontato con maggiore incisività, da subito, intervenendo già all’interno della prossima Legge di Stabilità, che rappresenta una ulteriore opportunità di ridurre le addizionali d’imbarco ed imprimere quindi positivi cambiamenti dal 2017 in poi”.

Facendo nuovamente il punto: il Governo Renzi ha applicato e difeso un rincaro previsto del Governo Letta per pagare lauti stipendi agli ex piloti delle disastrate compagnie aeree italiane. Per questo le compagnie aeree low cost hanno minacciato di fare le valigie convincendo il Governo ha sospendere da settembre a dicembre il rincaro. 

Investimenti di Ryanair

Dopo aver ridimensionato le dichiarazioni del premier, che ancora una volta profumano di propaganda, passiamo a chiarire la posizione di Ryanair. Dalle dichiarazioni del Ministro Graziano Delrio e di Michael O’Leary, il patron della compagnia Ryanair, si capisce che alla cancellazione (che in realtà è solo una sospensione) della tassa sugli aeroporti abbia subito risposto un investimento da un miliardo di euro da parte della compagnia. Bella figura per il Governo che favorisce gli investimenti delle grandi aziende internazionali e per Ryanair che scommette sull’Italia con nuove risorse e nuove assunzioni. Un quadretto perfetto. 

Peccato che questi investimenti di Ryanair fossero già cosa nota e decisa, che adesso viene rilanciata e pubblicizzata seguendo un piano di marketing da medaglia d’oro. Anche in questo caso, il web è rivelatore. Già il 29 giugno 2016, infatti, pochi giorni dopo il referendum che ha deciso l’uscita del Regno Unito dell’UE, la Ryanair aveva annunciato lo spostamento di investimenti già previsti per Londra su altri Paesi europei, tra questi l’Italia: “Ryanair sposta gli investimenti previsti per il mercato inglese in altri Paesi compresa l’Italia. E così 15 dei 50 nuovi Boeing in arrivo nella flotta della compagnia low cost e inizialmente destinati ad avere come base Gran Bretagna, verranno spalmati tra Italia, Spagna, Grecia, Germania e altri mercati”, raccontava quasi due mesi fa il Corriere della Sera. 

Non si tratta quindi di nuovi investimenti per l’Italia, ma di una flotta già prevista e di rotte spostate dalla Gran Bretagna della Brexit all’Italia grazie anche alla sospensione della tassa aeroportuale. Ora resta solo da vedere se il Governo interverrà con la legge di stabilità per abolire definitivamente il rincaro, altrimenti i “nuovi investimenti” potrebbero essere dirottati da un’altra parte. 

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