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Renzi si dimette, è crisi di governo. Ecco cosa succede ora.

By   /  5 Dicembre 2016  /  No Comments

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ROMA – Renzi è stato sconfitto nel referendum costituzionale e ha annunciato le dimissioni: “Domani salirò al Colle e presenterò le mie dimissioni. Alle sorti del governo provvederà il presidente della Repubblica e noi ci rimettiamo alla sua saggezza”. Inizierà così, mille giorni dopo la caduta del governo Letta, una nuova crisi di governo.

Il primo passaggio formale sarà appunto la presentazione delle dimissioni del presidente del Consiglio al presidente della Repubblica.

A quel punto il Mattarella potrebbe, nell’ambito dei suoi poteri istituzionali previsti dalla Costituzione:
chiedere a Renzi di rimanere in carica e presentarsi alle Camere per un nuovo voto di fiducia accettare le dimissioni di Renzi e iniziare nuove consultazioni decidere di sciogliere le Camere e andare alle elezioni La prima possibilità sembra remota, almeno visto il discorso netto fatto da Renzi nell’annunciare le sue dimissioni. Inoltre per un eventuale Renzi bis ci sarebbe bisogno del sostegno compatto del Pd, che è ancora forza di maggioranza assoluta alla Camera e relativa al Senato; e il Partito Democratico – per bocca del vicesegretario Guerini – ha già annunciato la convocazione della direzione del partito per martedì.

Se Mattarella decidesse di accettare le dimissioni di Renzi (che è la cosa più probabile) sarebbe nelle sue mani la decisione se cercare una maggioranza politica per portare il Paese al voto alla fine della legislatura, nel 2018, puntare su un governo tecnico (magari guidato dall’attuale ministro dell’economia Padoan) o ancora optare per un governo di scopo, il cui obiettivo principale sarebbe portare a casa la riforma elettorale.

Mattarella inizierebbe così un giro di consultazioni con i presidenti di Senato e Camera, con i senatori a vita e con i leader dei gruppi parlamentari. Al termine delle consultazioni, indicherebbe il nome del presidente del Consiglio incaricato. Che per consuetudine accetta con riserva l’incarico, per verificare la ‘fattibilità’ di un governo. Sciolta la riserva, presenterebbe la lista dei ministri al presidente della repubblica, giurerebbe e si presenterebbe alle Camere con un programma di governo ampio (nel caso di governo politico) o di scopo (per la riforma della legge elettorale e altre eventuali priorità).

L’ultima strada, quella che chiedono alcuni leader del fronte del No come Salvini, Meloni e Grillo, sono le elezioni. Difficilmente Mattarella sceglierà questa strada in presenza di una maggioranza che possa sostenere quantomeno un governo di scopo.

Vale la pena di ricordare che in caso di nuove elezioni ‘immediate’, ovvero prima di una riforma elettorale, al momento sono in vigore due leggi elettorali assai diverse, tra Camera e Senato. Per la Camera c’è l’Italicum, ovvero un sistema che garantirà alla lista più votata (al primo turno o dopo il ballottaggio) di avere la maggioranza assoluta dei seggi. Al Senato invece è in vigore il Consultellum, ovvero una legge elettorale proporzionale (con le preferenze) senza premio di maggioranza ma con soglie di accesso del due o del quattro percento.

Lo scenario più probabile di un’elezione con questo binomio di leggi elettorali sarebbe una maggioranza assoluta e solida di un partito alla Camera e un Senato spaccato in tre o più parti (Pd, M5s e centrodestra, unito o meno). E con la Costituzione in vigore, sarebbe di nuovo necessario un governo di coalizione che possa ottenere la fiducia anche dal Senato.

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