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Meningite, tutte le domande e le risposte

By   /  10 Gennaio 2017  /  No Comments

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Milano, Torino, Alatri, Pavia, Messina, Palermo. Nelle ultime settimane la stampa italiana è tornata a occuparsi prepotentemente di meningite, raccontando con dovizia di particolari tutti i nuovi casi e i focolai d’infezione, e lasciando talvolta sottintendere la possibilità di un’epidemia nel paese. In realtà non è esattamente così (per fortuna): i dati epidemiologici, infatti, parlano di una “situazione nella media” (a parte uno scenario anomalo in Toscana) che, comunque, non deve far abbassare la guardia, soprattutto in tema di immunizzazione. I vaccini, infatti, restano a tutt’oggi l’arma più efficace per contrastare l’insorgenza della malattia. Per fare il punto della situazione abbiamo messo insieme un elenco delle domande (e risposte) più frequenti sulla meningite.

Che cos’è e come la si riconosce?
Per meningite si intende l’infiammazione (acuta o cronica) delle meningi, membrane che avvolgono il sistema nervoso centrale. I sintomi variano a seconda dell’agente patogeno che ha causato l’infiammazione (si veda domanda successiva, Cosa la provoca?): nella meningite batterica, per esempio, i sintomi compaiono molto rapidamente, nel giro di poche ore.

 L’infezione si presenta tipicamente con una serie di punture rosse sulla pelle che si espandono rapidamente a tutte il corpo: se queste non si schiariscono quando vi si applica una pressione(per esempio con il cosiddetto glass test), c’è alta probabilità che si tratti effettivamente di meningite, e pertanto è bene consultare immediatamente un medico.

I sintomi in bambini e neonati includono rigidità del corpo, irritabilità quando si viene toccati, rifiuto di mangiare, pelle pallida, respiro veloce e febbre; negli adulti, invece, compare un forte mal di testa, senso di fastidio verso la luce, sonnolenza, confusione, dolori muscolari, diarrea, mani e piedi freddi e pallidi.

Cosa la provoca?
La forma più diffusa (e contagiosa) di meningite è quella causata dal batterio Neisseria meningitidis, o meningococco, che circola in cinque ceppi diversi: C, A, Y, W (il primo più diffuso in Italia, gli altri tre nei paesi anglosassoni), che colpisce soprattutto adolescenti; B, che colpisce soprattutto neonati e bambini nei primi anni di vita.

Ma c’è dell’altro: la meningite si può contrarre anche tramite virus (in particolare gli enterovirus) o contatto altri batteri come lo pneumococco, l’Haemophilus influenzae (un batterio che non va confuso con il virus dell’influenza) o l’Escherichia coli. Queste ultime forme batteriche, tuttavia, non sono contagiose. In generale, la meningite virale è la forma meno grave della malattia, mentre quella batterica è più seria e comporta rischio di varie complicanze che possono portare, in alcuni casi, alla perdita di arti o addirittura alla morte.

C’è un’emergenza in Italia?
No. Come dicevamo, secondo i dati epidemiologici più recenti il numero di infezioni è assolutamente nella norma, almeno per ora. Il rapporto Dati di sorveglianza delle malattie batteriche invasive aggiornati al 16 novembre 2016, dell’Istituto superiore di sanità, svela che nel 2015 sono stati segnalati 196 casi di malattia invasiva da meningococco, con un’incidenza pari a 0,32 casi su 100mila; sebbene negli anni precedenti l’influenza fosse lievemente inferiore (nel 2014, per esempio, era attestata a 0,27 casi su 100mila), il rapporto dice ancora che “nella maggior parte delle regioni l’andamento è pressoché stabile o presenta piccole oscillazioni nel triennio 2011-2014”. Nessuna escalation dei casi dunque (eccezion fatta per la Toscana, si veda la domanda successiva), il che, tuttavia, non deve far abbassare la guardia, dal momento che la meningite resta una minaccia particolarmente subdola e aggressiva.

Cosa sta succedendo in Toscana?
I casi registrati in Toscana sono superiori rispetto a quelli della media nazionale. Una possibile spiegazione è la circolazione di un ceppo di meningococco C particolarmente aggressivo, contro il quale è minore l’efficacia del vaccino. Sempre spulciando il rapporto: “Per quanto riguarda la Toscana, i dati consolidati del 2015 e i dati preliminari del 2016 mostrano un marcato aumento dei casi di meningococco di tipo C negli adulti”. Per queste regioni, la regione ha implementato una campagna di vaccinazione gratuita sia per i residenti che per le persone che per ragioni di studio o di lavoro abitano in Toscana.

Quali sono i vaccini disponibili?
Contro il meningococco sono in commercio tre vaccini. Uno che immunizza contro il solo ceppo C, uno che immunizza contro il ceppo B e il cosiddetto tetravalente, efficace contro i ceppi C, W, Y e A. Inoltre un altro vaccino, l’esavalente, include l’immunizzazione contro Haemophilus influenzae. Gli esperti consigliano alle fasce di popolazione più a rischio (per esempio gli anziani) di vaccinarsi anche contro lo pneumococco (per scongiurare, oltre al rischio di contrarre la meningite, anche quello di contrarre la polmonite) e contro l’influenza, che può debilitare le difese immunitarie e aprire la strada ad altre infezioni.

Chi deve vaccinarsi, e quando?
Il nuovo piano vaccinale, entrato nei Lea (Livelli elementari di assistenza), ma non ancora recepito da tutte le Regioni, prevede la somministrazione del vaccino contro il meningococco B a 60 giorni di vita e del vaccino tetravalente (C, Y, W, A) a 15 mesi di vita, con un richiamo a 12 anni per aumentarne l’efficacia, soprattutto nei soggetti che hanno risposto meno all’immunizzazione. Inoltre, come già detto, per gli anziani è consigliabile anche la somministrazione dei vaccini contro lo pneumococco e l’influenza. Ciò detto, è importante ricordare che nessun vaccino è efficace al 100%: in particolare, l’efficacia dell’immunizzazione contro la meningite si aggira attorno al 94%. È possibile che il sistema immunitario del paziente non risponda in modo ottimale o che condizioni cliniche concomitanti riducano l’efficacia del trattamento: ecco perché è fondamentale ribadire l’importanza della vaccinazione di massa, che garantisce a tutti la cosiddetta immunità di gregge, ossia una protezione indiretta che include anche i non vaccinati e coloro che non rispondono al vaccino.

Quando è indicato il trattamento antibiotico?
A differenza del vaccino, che serve a garantire la protezione futura dall’infezione, il trattamento antibiotico, nel caso in cui si tratti di una forma batterica, è consigliato a chi è entrato in stretto contatto con una persona già malata o che ha contratto la malattia subito dopo. Perché sia efficace, e dal momento che il decorso della malattia è molto rapido, è opportuno che la somministrazione degli antibiotici avvenga il più rapidamente possibile.

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