Nei robot si è accesa la prima scintilla di empatia: lo dimostra l’esperimento nel quale è stata realizzata una macchina capace di prevedere le azioni di una sua simile semplicemente osservandola. Il risultato, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, si deve al gruppo della Columbia University di New York guidato da Hod Lipson. E’ il primo segnale di come anche nei robot potrebbe esistere una Teoria della mente, ossia la capacità finora ritenuta esclusiva degli esseri umani di mettersi nei panni degli altri per anticiparne le azioni. Il risultato getta le basi per una comunicazione più efficiente sia fra le macchine, sia fra le macchine e l’uomo.
La possibilità di prevedere azioni future sulla base dell’osservazione “è una capacità in grado di migliorare significativamente la sintonia e il grado di interazione naturale di un robot con un umano, dal momento che la barriera linguistica viene superata nell’esecuzione di compiti nei quali, ad esempio, è necessario un coordinamento o un accordo reciproco” osserva Antonio Frisoli, della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Pensando ai futuri robot domestici, aggiunge “possiamo immaginare robot in grado di assecondare le nostre azioni in modo collaborativo ed efficace”.
Gli esseri umani imparano da bambini a prevedere le azioni degli altri e questa capacità è alla base del saper vivere e lavorare insieme con successo. Al contrario, i robot, finora non erano riusciti a mettere in atto questo tipo di comunicazione sociale, fino all’esperimento della Columbia University. In quest’ultimo un robot doveva cercare dei cerchi di colore verde e dirigersi verso di essi, ma c’era un problema: a volte il cerchio verde era nascosto da una scatola di cartone rossa e in quel caso il robot o cercava un altro cerchio verde o si bloccava. Nel frattempo un altro robot osservava la scena da una prospettiva che non gli nascondeva alcun cerchio verde e, dopo aver osservato il suo partner per due ore, iniziava ad anticipare l’obiettivo e il percorso dell’altra macchina.
I ricercatori riconoscono che i comportamenti esibiti dal robot sono molto più semplici rispetto a quelli degli esseri umani, tuttavia ritengono che potrebbero costituire una forma primitiva di empatia. Anche secondo Frisoli l’esperimento “ha misurato una forma primitiva di empatia tra due robot, intesa come la capacità da parte di un robot di predire il comportamento di un altro robot in assenza di comunicazione verbale, ma solo attraverso un’analisi visiva del comportamento dell’altro partner”.
Se i robot arriveranno ad anticipare quello che pensano gli esseri umani, potranno aprirsi problemi etici importanti. Per esempio, rileva Frisoli, “fino a che punto un robot deve essere in grado di prendere decisioni autonome sulla base di una sua predizione? Può inoltre un robot, nell’anticipare il pensiero dell’uomo, manipolare l’uomo stesso e non essere più il mero esecutore di compiti? Sono tutti aspetti – osserva l’esperto – che meritano una riflessione attenta di tipo roboetico e filosofico”.
Ansa
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