La Direzione investigativa antimafia ha eseguito un decreto di sequestro preventivo emesso del Tribunale di Trapani su proposta del direttore della Dia nei confronti di Francesco Isca, imprenditore di Vita attivo nel settore dei lavori edili e della produzione e commercializzazione di calcestruzzo.
Seconda la DIA di Trapani Isca in passato intratteneva legami con Leonardo Crimi, capoclan dell’omonima famiglia mafiosa, dal quale sembra che l’imprenditore abbia ottenuto sia le risorse finanziarie per avviare ed alimentare le proprie aziende che la “copertura” mafiosa per espandersi sul mercato, imponendosi negli affari legati alla realizzazione delle grandi opere pubbliche a danno delle imprese concorrenti violando le regole della leale concorrenza. Una vicinanza attribuitagli dalla storia d’amore con la sua ex compagna, Crimi Anna Maria, figlia del defunto boss mafioso di Vita Crimi Leonardo, storia d’amore per la quale i due amanti erano stati costretti a fuggire in Valle D’Aosta perché non approvata dal padre Crimi.
Sempre secondo la DIA di Trapani in cambio il clan mafioso ne aveva ricavato una serie di vantaggi, accrescendo la propria capacità di penetrazione e controllo delle attività economiche nel territorio e ottenendo non solo denaro ma anche possibilità di lavoro per imprese e persone appartenenti all’organizzazione criminale e qui viene messa in evidenza l’assunzione all’interno delle sue imprese di Musso Vito, nipote di Crimi Leonardo, ragazzo, che secondo alcune dichiarazioni dei collaboratori, Isca ha cresciuto come un figlio durante il suo rapporto con Anna Crimi. Collaboratori di giustizia descrivono l’imprenditore quale portatore degli interessi delle cosche mafiose siciliane nei piccoli centri rurali di Calatafimi, Vita e Salemi.
Il sequestro ha interessato sei società operanti nel settore edile, produzione di calcestruzzo, noleggio di macchine ed attrezzature per lavori edili e quella che gestisce l’intera area parcheggio e servizi, posti nella nota località turistica del Parco Archeologico di Segesta, 17 rapporti bancari, 128 beni immobili e terreni, nonché 27 automezzi per un valore complessivo stimato di oltre 12 milioni di euro.
Alla magistratura ora il compito di far luce anche su questa vicenda auspicando in tempi brevi. Vicenda che, qualora confermata, consegna alla giustizia un imprenditore vicino a quella che è la montagna di merda per eccellenza, se invece non confermata da vita all’ennesimo accanimento su imprenditori siciliani alla quale gli si rovina la vita, la famiglia, l’attività lavorativa e sociale per poi dichiarali innocenti senza conseguenze per chi ha sbagliato a muovere accuse. Resta inconcepibile però il dover attendere anni ed anni per conoscere la verità processuale.
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