“Vi sto raccontando quello che so perché voglio evitare che vi troviate un esercito di kamikaze in Italia”. È iniziata con queste parole di un pentito del Jihad, l’indagine della Dda di Palermo che ha portato al fermo di 15 persone nelle province di Palermo, Trapani, Caltanissetta e Brescia accusate di istigazione a commettere delitti in materia di terrorismo, associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, ingresso illegale di migranti nel territorio nazionale ed esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziaria.
Al centro dell’inchiesta, condotta dal Ros dei carabinieri coordinati dal procuratore aggiunto Marzia Sabella e dai sostituti Gery Ferrara e Claudia Ferrari, ci sono tratta di migranti dalla Tunisia a bordo di scafi veloci. Gli appartenenti all’organizzazione criminale avrebbero rappresentato “una attuale e concreta minaccia alla sicurezza nazionale“, secondo quanto scrivono gli stessi magistrati della Direzione distrettuale antimafia, guidati da Francesco Lo Voi nel provvedimento di fermo.
Gli investigatori parlano di “rischio terrorismo di matrice jihadista” e a loro avviso “sussistono significativi ed univoci elementi” per ritenere che l’organizzazione sia attualmente pericolosa perché fornisce “a diversi clandestini un passaggio marittimo occulto, sicuro e celere che, proprio per queste caratteristiche, risulta particolarmente appetibile anche per quei soggetti ricercati dalle forze di sicurezza tunisine, in quanto gravati da precedenti penali o di polizia ovvero sospettati di connessioni con formazioni terroristiche di matrice confessionale”, dicono i magistrati.
Uno degli indagati, in particolare, risulta essere contiguo “ad ambienti terroristici a sfondo jihadista pro Isis in favore di cui, attraverso la sua pagina Facebook, ha posto in essere una significativa azione di propaganda jihadista con incitamento alla violenza ed all’odio razziale”. E un “ulteriore segno di radicalizzazione a sfondo religioso” è rappresentata, secondo gli inquirenti, dall’iscrizione dell’indagato al gruppo Facebook “Quelli al quale manca il paradiso”. Sul profilo Facebook dell’indagato, sottolineano ancora i magistrati della Dda palermitana, sono state trovati video e foto che inneggiavano all’Isis e con immagini di decapitazioni e sui social scriveva: “Il martirio e la jihad la sola via per aspirare al paradiso”. L’uomo è ritenuto uno dei cassieri dell’organizzazione e i pm sospettano che abbia usato il denaro guadagnato coi viaggi nel Canale di Sicilia anche per finanziare attività terroristiche.
Tutto è iniziato grazie alla collaborazione di un detenuto nel carcere di Genova che ha raccontato agli inquirenti di essere a conoscenza dell’esistenza di una organizzazione criminale che gestiva un traffico di esseri umani, contrabbandava tabacchi e aiutava ad espatriare soggetti ricercati in Tunisia per reati legati al terrorismo. “Vi sto raccontando quello che so perché voglio evitare che vi troviate un esercito di kamikaze in Italia”, ha riferito. E a quel punto è scattata l’indagine conclusa con l’operazione di oggi.
I fermati sono accusati a vario titolo responsabili di istigazione a commettere più delitti in materia di terrorismo, associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e al contrabbando di tabacchi diversi episodi di ingresso illegale di migranti clandestini nel territorio nazionale ed esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziaria, reati questi aggravati poiché commessi avvalendosi del contributo di un gruppo criminale organizzato impegnato in attività delinquenziali in più di uno Stato.
I migranti non venivano portati con le carrette del mare, ma con gommoni molto potenti. Sono i cosiddetti sbarchi fantasma che sono stati segnalati più volte in diverse zone della Sicilia. I migranti pagavano grosse cifre per arrivare in Italia.
Secondo le indagini c’è il sospetto che in Italia possano essere sbarcati anche alcuni degli attentatori che hanno messo a segno le stragi in Europa per conto dell’Isis.
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