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Copyright, perché per Wikipedia la nuova direttiva Ue soffocherà l’open web

By   /  27 Novembre 2018  /  No Comments

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Lo scorso settembre il Parlamento europeo ha votato a favore della nuova direttiva sul copyright, una versione modificata del testo bocciato a luglio. La direttiva aggiorna il modo in cui si tratta il copyright in Europa, ma ha fatto molto discutere ed è stata fortemente criticata da più parti per alcuni suoi aspetti particolarmente controversi, come i suoi articoli 11 e 13, relativi rispettivamente alla link tax e agli upload filter per il rinvenimento preventivo di possibili violazioni del copyright online. Secondo i suoi critici, questi due articoli della direttiva vanno a modificare alcuni assetti fondamentali del web aperto e libero, sollevando numerosi problemi in termini di libertà di espressione e di accesso ai contenuti su internet.

Tra le voci più critiche della direttiva c’è quella della comunità di Wikipedia, che l’ha definita “una minaccia al nostro fondamentale diritto a condividere l’informazione liberamente”. Lo scorso luglio, proprio in vista del voto di Strasburgo, la versione in lingua italiana dell’enciclopedia libera era stata oscurata per qualche giorno – cosa avvenuta anche in altre edizioni linguistiche- come segno di protesta.

In occasione di ItWikiCon 2018, la conferenza annuale degli utenti attivi su Wikipedia e gli altri progetti Wikimedia in lingua italiana, che si è tenuta a Como presso l’Università dell’Insubria, abbiamo incontrato Lukas Mezger, giurista esperto di copyright, membro del board di Wikimedia Deutschland e wikipediano che si è impegnato nella battaglia per la modifica della direttiva.

Una battaglia che, ci spiega Mezger, non è certo contro il copyright, ma contro il testo della direttiva e nello specifico i suoi limiti e problemi: “Wikimedia come movimento e io come wikipediano cerchiamo di rispettare il copyright al massimo possibile, ma ci impegniamo anche perché vengano riconosciute alcune eccezioni nelle leggi che lo regolamentano, come la libertà di panorama. Per questo ci siamo impegnati perché questo avvenisse anche a livello europeo, mentre veniva discusso il progetto della direttiva”. “Volevamo opporci a dei cambiamenti che porterebbero dei danni: siamo certamente a favore dell’aggiornamento del diritto d’autore esistente, ma siamo anche un nuovo player a livello politico e rappresentiamo sia i creatori di contenuti che i lettori. Avremmo voluto estendere alcune delle eccezioni che riguardano grandi istituzioni come musei e università anche al grande pubblico, ma purtroppo non ci siamo riusciti”, spiega a Wired.

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Lukas Mezger a ItWikiCon 2018 (Niccolò Caranti/Wikimedia Commons -CC BY-SA 4.0)

La direttiva non è stata discussa con il necessario coinvolgimento dell’opinione pubblica e senza che i cittadini potessero essere adeguatamente informati, dato che gli stessi editori dei giornali non hanno di certo nascosto la loro opinione a riguardo. Aggiunge Mezger: “Tradizionalmente i dibattiti pubblici avvengono sui giornali e sui media, ma quando questo settore ha una posizione chiara è difficile creare un vero dibattito politico. Il copyright è un argomento complesso e i temi della direttiva lo sono ancora di più. Noi abbiamo cercato di portare il dibattito al pubblico, ma ci siamo sentiti fraintesi, anche perché le posizioni in campo non erano nettamente bianche o nettamente nere”.

Sempre più di frequente il copyright viene poi utilizzato da alcuni stakeholder come un’arma per avanzare richieste più ampie di quelle che vi sono normalmente incluse. Il copyright è un diritto molto forte e di conseguenza è molto interessante per chi cerca una protezione da terzi”, spiega Mezger:“Lo si è visto benissimo con la link tax e l’articolo 11 della direttiva, dove la stampa si vuole difendere da Google News e abusa di pseudo-copyright per questo motivo”.

Gli editori hanno sostenuto questo articolo nella speranza di recuperare un po’ di soldi da Google, che nel frattempo ha fatto sua una fetta importante del mercato pubblicitario online, dimentichi di cosa è avvenuto in Spagna nel 2014. Allora una legge nazionale pensata per far pagare a Mountain View un corrispettivo economico agli editori per ospitare i loro contenuti su Google News causò la chiusura del servizio e una significativa diminuzione del traffico verso i siti di news. “Come giurista”, spiega ancora Mezger, “ritengo palese che ci siano molti altri ambiti che potrebbero utilizzare in questo contesto, come la concorrenza sleale, che è più adatta al problema che vorrebbero risolvere. Però, è un argomento più difficile da usare come difesa e non è così forte come il copyright”.

Uno dei punti più controversi della direttiva è certamente il suo articolo 13. Introduce gli upload filter per verificare che i contenuti caricati sulle piattaforme online non rappresentino una violazione del copyright. Per Lukas Mezger e il movimento Wikimedia questo è uno degli aspetti più preoccupanti del nuovo assetto del diritto d’autore per come è immaginato dalla direttiva. Spiega Mezger: “Da avvocato faccio attenzione a usare il termine censura, però questo significa avere qualcuno che controlli che un contenuto, prima che venga pubblicato, non violi una legge o gli interessi di un terzo. Gli upload filter, in un certo senso, fanno la stessa cosa. La legge costringe Wikimedia a mettere in atto un meccanismo che controlla quello che viene caricato prima che questo venga pubblicato”.

Inoltre, si tratterebbe di un sostanziale ribaltamento di come viene normalmente e attualmente trattata la materia nelle legislazioni nazional. “Questo mette in pericolo la libertà di espressione perché non è data possibilità di caricare qualcosa e spiegare le ragioni per cui ciò è stato fatto”, spiega Mezger. E aggiunge: “In caso di blocco, si deve andare in tribunale per far valere le ragioni della pubblicazione. Quindi la libertà di espressione è nelle costituzioni degli stati membri dell’Ue, dicendo che la formula di default è poter dire qualcosa e poi verificare se questa è legittima. La legge cambia quel meccanismo, dal nostro punto di vista”.

Inoltre, per la stragrande maggioranza delle piattaforme online – inclusa Wikipedia ed escluse sostanzialmente solo le maggiori – implementare un sistema algoritmico di questo tipo per il controllo preventivo dei contenuti caricati potrebbe essere un serio problema tecnico ed economico. “Se sono una piattaforma piccola e non ho i soldi per lanciare il mio filtro, dovrò ricorrere a quelli delle piattaforme maggiori, su licenza”, spiega Mezger: “Come Wikimedia non potremo creare qualcosa del genere, ma ci proveremo se fosse necessario, non posso però promettere che avremo i soldi da investire su un meccanismo così. Si parla di milioni di euro, per quello che sappiamo”.

Durante il suo intervento comasco a ItWikiCon, Mezger ha spiegato le ragioni del movimento Wikimedia nel combattere questa battaglia, che va oltre gli interessi di Wikipedia stessa e della sua comunità. Le ragioni sono anche ideali e guardano alla difesa del web aperto affinché esso possa consentire a chiunque, persino una nuova Wikipedia, di condividere i propri contenuti online, una battaglia che l’enciclopedia libera porta avanti da tempo e oltre il contesto della direttiva.

“Il web non è quello degli anni 90, né il web 2.0 ha portato la partecipazione che ci aspettavamo, ma si partecipa piuttosto nei modi previsti dalle grandi grandi piattaforme commerciali”, spiega Mezger. “Wikipedia è uno dei pochi esempi open e non commerciali e non vorremmo continuare a essere gli unici. Ma questi trend di concentrazione crescono”, continua l’avvocato tedesco.

E aggiunge: “In molti Paesi non occidentali, ad esempio, per le persone ora ‘andare su Internet’ coincide con l’andare su Facebook. Le voci di Wikipedia sono citate su Facebook, per esempio: se cerchi Alessandro Volta su Facebook (l’intervista si tiene pur sempre a Como, dove Volta è nato nda) arrivi a una pagina basata su un testo di Wikipedia, ma non trovi il bottone per modificarla o per tradurla. Noi siamo una voce del web aperto e vogliamo sottolineare questo problema e vogliamo discuterlo con le istituzioni e la politica per non danneggiare i diritti e la partecipazione, soprattutto per il prossimo miliardo di persone che andranno online”.

Ci sono però reali possibilità di vedere il testo modificato e migliorato, in vista della votazione finale che dovrebbe tenersi a inizio 2019, conclusa la fase di negoziazione del “trilogo” tra Commissione Europea, Consiglio delle nazioni e Parlamento? Mezger ha molti dubbi: “Oggi vediamo che gli articoli 11 e 13 rimarranno nel testo e che questo, probabilmente, verrà anche peggiorato in fase finale. Manca trasparenza ed è troppo facile per i lobbisti andare dai governi nazionali per chiedere di introdurre nuovi elementi che il Parlamento Ue non avrebbe mai approvato. Non sappiamo come apparirà il testo nella sua veste finale”.

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