Un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell’università britannica di Bath ha creato in laboratorio i primi neuroni artificiali, dispositivi in miniatura progettati per riparare i circuiti nervosi e ripristinare le funzioni perdute. Gli scienziati contano di utilizzare i chip bionici per trattare malattie cardiache e neurodegenerative.
Creati in laboratorio i primi neuroni artificiali, progettati per ripristinare funzioni compromesse da patologie del cuore – come l’insufficienza cardiaca – e patologie neurodegenerative, alla stregua morbo del Alzheimer o del morbo di Parkinson. A metterli a punto è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell’Università di Bath, Regno Unito, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell’università svizzera di Zurigo – tra i quali i ricercatori italiani Elisa Donati e Giacomo Indiveri – e dell’Università di Auckland, Nuova Zelanda. Gli scienziati sono stati guidati dal professor Alain Nogaret, docente presso il Dipartimento di Fisica dell’ateneo britannico, che recentemente ha ricevuto un finanziamento di 5 milioni di euro dalla Commissione europea per le sue ricerche su pacemaker rivoluzionari. Questi dispositivi sperimentali sono pensati per mettere in comunicazione il sistema respiratorio e quello cardiaco, e puntano a ripristinare la variabilità della frequenza cardiaca naturale proprio grazie all’uso di cellule nervose artificiali.
Ma cosa sono esattamente questi neuroni artificiali? Fondamentalmente si tratta di dispositivi in miniatura basati su silicio, veri e propri chip bionici modellati sui canali ionici biologici che imitano alla perfezione il “lavoro” dei veri neuroni. In particolar modo Nogaret e colleghi hanno replicato correttamente le dinamiche dei neuroni dell’ippocampo e dei neuroni respiratori dei ratti, sottoponendoli a una vasta gamma di stimoli. I biochip che ne derivano hanno dunque l’obiettivo di riparare i danni causati da diverse famiglie di malattie, ripristinando i circuiti nervosi. In parole semplici, sono progettati per replicare il lavoro che verrebbe svolto in modo naturale dalle cellule nervose, compromesse a causa della patologia. Basti pensare alle malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer, la più diffusa forma di demenza, nella quale la perdita di neuroni è legata ai caratteristici sintomi cognitivi e fisici.
Uno degli aspetti più importanti della nuova ricerca risiede nel quantitativo di energia necessario per far funzionare i neuroni artificiali, ovvero solamente 140 nanowatt di potenza, che come spiegato da Nogaret è solamente “un miliardesimo del fabbisogno energetico di un microprocessore”. Ciò significa che potranno essere efficacemente installati in impianti bioelettrici per il trattamento di patologie croniche, a differenza di altre cellule nervose artificiali che avevano bisogno di molta più energia ed erano dunque non facilmente utilizzabili. I dettagli sui chip bionici progettati dal team del professor Nogaret sono stati pubblicati sull’autorevole rivista scientifica Nature Communications.
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