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Decolonizzare l’immaginario

By   /  9 Ottobre 2014  /  No Comments

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È necessario ritrovare una critica costruttiva. Costruttiva non significa che essa impedisce di prendere fermamente posizione sulle contraddizioni della nostra società, ma che, oltre alla critica, renda possibile l’ideazione di un modello di società alternativo.
TOMMASO SEGANTINI – 8 OTTOBRE 2014
Serge Latouche, autore di numerosi saggi sulla decrescita felice, afferma che il primo passo da compiere per uscire dalla crisi del mondo di oggi è decolonizzare l’immaginario. Decolonizzare l’immaginario significa pensare in modo diverso, vedere le cose da un’altra prospettiva, essere capaci di immaginare un futuro alternativo. Significa uscire dalle categorie mentali capitalistiche che ne impediscono un suo superamento, in modo da ricreare una opposizione ideologica al pensiero unico che, in questo momento, non c’è più.

La decolonizzazione dell’immaginario è fondamentale in quanto essa può permettere la riacquisizione di strumenti di critica, oggi assenti, verso il sistema. Una forma di critica diversa da quella della maggior parte degli intellettuali di oggi, che da una parte criticano il sistema, mentre dall’altra, e questo è il punto fondamentale, ne proclamano l’intrasformabilità. Una critica che quindi si rivela del tutto inutile, e che anzi rafforza l’ideologia dominante secondo la quale il mondo di oggi è frutto di un processo naturale, e che è il solo possibile. È necessario quindi ritrovare una critica costruttiva. Costruttiva non significa che essa impedisce di prendere fermamente posizione sulle contraddizioni della nostra società, ma che, oltre alla critica, renda possibile l’ideazione di un modello di società alternativo.

Il controllo sulle menti è piu potente del controllo sul corpo dei precendenti totalitarismi novecenteschi, ed è quindi più difficile liberarsene. Per decolonizzare l’immaginario occorre interrogarsi criticamente sulle norme e sui valori capitalistici che ormai, attraverso una massiccia manipolazione mediatica, i popoli di tutto il mondo hanno interiorizzato, e che percepiscono come naturali. In economia, per fare un esempio, termini come profitto a tutti i costi, crescita e competizione, appaiono oggi assolutamente naturali, come inseparabili dal pensiero economico; in realtà, questi termini hanno senso e risultano logici solo se inseriti in un contesto di tipo capitalistico che appunto si basa su accumulazione, crescita illimitata e monopolio dei beni comuni da parte di società multinazionali.

Si tratta quindi di rivoluzionare completamente i valori su cui poggia la società attuale. Riportando un breve passaggio da “Breve trattato sulla decrescita felice” di Latouche: “l’altruismo dovrebbe prevalere sull’egoismo, la collaborazione sulla competizione sfrenata, il piacere del tempo libero e l’ethos del gioco sull’ossessione del lavoro, l’importanza della vita sociale sul consumo illimitato, il locale sul globale, l’autonomia sull’eteronomia, il gusto della bella opera sull’efficienza produttivistica, il ragionevole sul razionale, il relazionale sul materiale, ecc.” I numeri sono dalla nostra parte. Se si riuscirà a recuperare “l’arma decisiva” di cui parla Chomsky in “Profit Over People. Neoliberalism and Global Order”, ovvero la nostra forza oppositiva in quanto maggioranza rispetto al potere che ci domina, sarà possibile rovesciare l’ordine mondiale attuale.

Immagine: Igor Morski

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