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Disastri ambientali, la legge che Confindustria non vuole dorme al Senato. Le ecomafie ringraziano

By   /  12 Giugno 2014  /  No Comments

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Nel disinteresse (quasi) totale dei principali media, il disegno di legge sui reati ambientali potrebbe non vedere mai la luce. Si tratta del numero 1345, approvato dalla Camera lo scorso febbraio, nei giorni della nascita del governo Renzi, e ora abbandonato in un cassetto di Palazzo Madama. DDL che divide e su cui sembra ripetersi una sceneggiatura simile a quella recitata durante l’iter di approvazione di un altro disegno di legge atteso per anni, quello sul voto di scambio politico-mafioso.

 

In Italia, mentre Legambiente nel suo annuale rapporto sull’ecomafia ci informa che il fatturato del 2013 è stato pari a 15 miliardi di euro (leggi), la normativa sui reati ambientali è a dir poco carente. 10 anni fa venne introdotta la legge che puniva il traffico illecito di rifiuti, alcuni mesi fa è arrivato il decreto sulla Terra dei Fuochi, ma se è vero come è vero che siamo il paese in cui spesso regna una “imprenditoria eco-criminale”, lo è altrettanto la mancanza di norme adeguate a contrastarla.

Fino ad oggi il ‘disastro ambientale’ viene preso in considerazione dall’articolo 434 del codice penale: “Chi commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro è punito, se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità, con la reclusione da uno a cinque anni. La pena è della reclusione da tre a dodici anni se il crollo o il disastro avviene“.

Ieri, durante la presentazione a Roma del Rapporto Ecomafia, erano tutti d’accordo: il ministro della Giustizia Andrea Orlando, quello dell’Ambiente Gianluca Galletti, il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti, la presidente della Commissione Parlamentare Antimafia Rosy Bindi, i presidenti delle Commissioni Giustizia e Ambiente della Camera, i piddini Donatella Ferrante e Ermete Realacci. “E’ necessario” approvare il DDL 1345 che inasprisce le pene, contempla il traffico di materiale radioattivo, introduce l’aggravante mafiosa e il cosiddetto ravvedimento operoso. 

Anche sul voto di scambio erano tutti d’accordo, poi la norma venne in parte depotenziata. Un passo in avanti rispetto alla precedente normativa, praticamente inservibile, ma comunque una legge su cui si poteva fare meglio e di più. Lo stesso può accadere con il DDL sui reati ambientali. La legge in questione (consulta qui il PDF), approvata da Montecitorio con 386 sì, 4 no e 45 astenuti (Lega e Forza Italia) sembra presentare delle criticità, soprattutto in un passaggio. “Costituisce reato ambientale l’alterazione irreversibile dell’equilibrio dell’ecosistema o l’alterazione la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali, ovvero l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza oggettiva del fatto per l’estensione della compromissione ovvero per il numero delle persone offese o esposte al pericolo” (articolo 452-ter, punito con pene fino a 15 anni). Il primo problema sorgerebbe con quel termine: “irreversibile”. Ecco un parallelo con il DDL sul voto di scambio, quando durante uno dei passaggi fra Camera e Senato nella legge vennero inseriti i termini “consapevolmente” e “procacciamento” che depotenziavano la punibilità.

Ad esempio: il danno ambientale causato dall’Ilva a Taranto è irreversibile? Lo è quello dell’ENI-Pertusola a Crotone o di altre ‘terre dei fuochi’ sparse per l’Italia? Se così non fosse e il danno potesse essere ‘estinto’ con provvedimenti non eccezionali, i vertici delle aziende responsabili di quel danno non sarebbero riconosciuti ‘colpevoli’ di disastro ambientale? E ancora, prendiamo l’amianto: il mesotelioma pleurico è un killer che si manifesta spesso con decenni di ritardo. Anche nei confronti dei familiari degli operai. Come si fa a stabilire in questo caso “l’estensione della compromissione” o “il numero delle persone offese o esposte al pericolo”?

Il primo firmatario del testo è Ermete Realacci il quale, tanto nelle settimane passate che ieri durante la presentazione del rapporto di Legambiente, ha sostenuto il testo uscito da Montecitorio, definendolo “migliorabile” ma attaccando chi “vuole la luna”. Ma proprio in seno al PD, si sono levate voci fortemente critiche. come quella di Felice Casson, vicepresidente della Commissione Giustizia al Senato ed ex magistrato. Il testo, che resta un importante passo avanti, presenta però criticità di impostazione tecnica tecniche tali da impattare pesantemente su indagini e processi in corso. Allora proposi di modificarlo e rinviarlo alla Camera, piuttosto che farlo entrare in vigore così. A questo punto presenteremo emendamenti correttivi che integrino le disposizioni dei due testi, ma sarà dura. Perché c’è una pressione forte da parte del centrodestra per difendere il testo e farlo passare così com’è“.

Secondo Casson la legge così com’è uscita dalla Camera potrebbe influenzare anche indagini e processi in corso, in senso negativo. E tira in ballo il centrodestra, che non vuole modificare il testo. Lo stesso centrodestra che fu decisivo (il NCD è sempre la stampella della maggioranza di Renzi al Senato) nell’abbassamento delle pene (anziché da 7 a 12, da 4 a 10) sul voto di scambio. Un’impostazione criticata anche da Nicola Gratteri (leggi).

Sia da Legambiente che Libera non si sostiene la posizione di Casson, ma piuttosto vengono evidenziati due aspetti: un testo, seppur non il migliore possibile, va approvato in tempi brevi. E non bisogna cedere alle pressioni, che arrivano anche dall’esterno (leggasi Confindustria). “Bisogna dare un segnale forte al paese – spiega ai nostri microfoni Antonio Pergolizzi, coordinatore dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente – Non è possibile che il nostro codice penale non preveda delitti ambientali, ma solo delle contravvenzioni che non hanno alcuna capacità deterrente“. Gli chiediamo delle parole di Casson: “Non commento Casson, ma bisogna fare i conti con la realtà: in questa maggioranza ci sono persone che sono espressione di determinate logiche industriali ed economiche, di più non si può chiedere. Questo testo ha di fronte a sè uno schieramento agguerrito che ha promesso di affossarlo, come sta accadendo. Secondo noi può essere un piccolo passo avanti, dal pericolo astratto al danno concreto, dando cittadinanza giuridica e penale ai delitti ambientali“. Meglio un uovo oggi di una gallina che non potrebbe arrivare mai? Sì, purtroppo la politica è fatta anche di questo: piccoli passi che vanno verso la direzione da noi auspicata“.

Sulla stessa linea Enrico Fontana, direttore di Libera. “Casson dice che il testo è un regalo alle lobby? Un giudizio eccessivo. Il regalo alle lobby si fa con la prescrizione sistematica di tutti i reati ambientali che sono di natura contravvenzionale. La politica si assuma la propria responsabilità e se ci sono modifiche da fare, si facciano. Se ci sono rischi per processi già in corso si evitino. C’è un soggetto che questa riforma non la vuole e l’ha detto esplicitamente: Confindustria. Se questo ddl viene ancora impantanato, da chi dice che non si può punire un ‘comportamento umano’ o da chi sostiene che è un regalo alle lobby… forse siamo sulla strada giusta. I reati citati dal Rapporto vanno sempre prescritti, le violazioni formali che determinano danno ambientale non sono punite. Migliaia di numeri che sono la fotografia di un fallimento, l’ennesimo“.

Fonte -IBT-

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