Cambio radicale sull’assegno di divorzio che fino a oggi, con 30 anni di indirizzo costante, era collegato nella sua entità al parametro del «tenore di vita matrimoniale», una pietra miliare che da oggi va in soffitta e lascia il posto a un «parametro di spettanza» basato sulla valutazione dell’indipendenza o dell’autosufficienza economica dell’ex coniuge che lo richiede.
Il matrimonio, ha stabilito la Cassazione, non è più la «sistemazione definitiva»: sposarsi, scrive la Corte, è un «atto di libertà e autoresponsabilita’». La sentenza è stata depositata oggi, mercoledì, dalla Cassazione e riguarda il divorzio tra Vittorio Grilli, ex ministro all’economia del governo Monti e l’ex moglie, una imprenditrice americana; i supremi giudici hanno respinto il ricorso con il quale la donna chiedeva l’assegno di divorzio già negatole con verdetto emesso dalla Corte di Appello di Milano nel 2014 che aveva ritenuto incompleta la sua documentazione dei redditi e valutato che l’ex marito dopo la fine del matrimonio aveva subito una «contrazione» dei redditi. Ad avviso della Cassazione, la decisione milanese deve essere corretta in motivazione perché a far perdere il diritto all’assegno alla ex moglie non è il fatto che si suppone abbia redditi adeguati, ma la circostanza che i tempi ormai sono cambiati e occorre «superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come `sistemazione definitiva´» perché è «ormai generalmente condiviso nel costume sociale il significato del matrimonio come atto di libertà e di autoresponsabilita’, nonché come luogo degli affetti e di effettiva comunione di vita, in quanto tale dissolubile». «Si deve quindi ritenere – afferma la Cassazione – che non sia configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell’ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale».
L’estinzione del rapporto
Con la sentenza di divorzio, osserva la prima sezione civile,«il rapporto matrimoniale si estingue non solo sul piano personale ma anche economico-patrimoniale, sicché ogni riferimento a tale rapporto finisce illegittimamente con il ripristinarlo, sia pure limitatamente alla dimensione economica del `tenore di vita matrimoniale´ in una indebita prospettiva di `ultrattivita´` del vincolo matrimoniale”. Dunque, secondo i supremi giudici, va individuato un «parametro diverso» nel «raggiungimento dell’indipendenza economica» di chi ha richiesto l’assegno divorzile: «Se è accertato che – si legge nella sentenza depositata oggi – è economicamente indipendente o effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto tale diritto». I principali indici che la Cassazione individua per valutare l’indipendenza economica di un ex coniuge sono il «possesso» di redditi e di patrimonio mobiliare e immobiliare, le «capacità e possibilità effettive» di lavoro personale e «la stabile disponibilità» di un’abitazione.
Gli avvocati matrimonialisti
La Cassazione , secondo Gian Ettore Gassani, presidente dell’associazione degli Avvocati Matrimonialisti Italiani, «ha rivoluzionato il diritto di famiglia in tema di riconoscimento dell’assegno divorzile e dei criteri per la sua quantificazione. La Cassazione ha cambiato il criterio per riconoscere l’assegno al coniuge economicamente più debole e ha ritenuto che non sia più possibile valutare come parametro il tenore di vita dei coniugi goduto in costanza di matrimonio». Secondo i giudici, prosegue Gassani, « l’assegno divorzile può essere riconosciuto soltanto se chi lo richiede dimostri di non poter procurarsi i mezzi economici sufficienti al proprio mantenimento. Viene spazzato via un principio sancito nel 1970 dalla legge 898 che ha introdotto il divorzio in Italia. Si tratta quindi di un terremoto giurisprudenziale in linea con gli orientamenti degli altri Paesi europei nei quali l’assegno divorzile dipende essenzialmente dai patti prematrimoniali».
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