Il rapporto SENTIERI (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento) diffuso ieri dall’Istituto Superiore della Sanità (ISS) ha riportato sotto i riflettori l’emergenza ambientale in cui versa tanta parte del nostro territorio, in particolare regioni come Campania e Puglia, vittime, rispettivamente, della Terra dei Fuochi e del disastro dell’ILVA.
Nonostante la gravità della situazione (mortalità aumentata del 13%, decessi infantili aumentati del 21) imponga un immediato cambio di marcia, il governo non sembra esserne particolarmente interessato. Anzi. Il disegno di legge approvato lo scorso febbraio dalla Camera, che introduce diversi strumenti di contrasto al disastro ambientale doloso, giace attualmente in qualche cassetto del Senato. E con ogni probabilità ci resterà ancora per molti mesi a venire: Italicum, nuovo Senato e riforma della Giustizia vengono prima della salute di milioni di persone.
Perché di milioni trattasi: i disastri ambientali del Belpaese non si riducono solo a Taranto e alle province di Napoli e Caserta. Sono decine, infatti, le località in cui i cittadini italiani rischiano la salute ogni giorno. Prendiamo la zona attorno alla cittadina calabrese di Crotone: il polo industriale che ha chiuso i battenti ormai vent’anni fa ha lasciato in eredità una incidenza di tumori molto superiore alla media nazionale (il 15% in più). Ne ha mai parlato qualcuno?
Per non dire dei metalli inquinanti (amianto, piombo, mercurio) presenti a iosa nei terreni di mezza Italia: l’amianto, per esempio, è causa di inquinamento e di aumento di tumori alla pleura nei siti di Balangero, Emarese, Casale Monferrato, Broni, Bari-Fibronit, Biancavilla, Pitelli, Massa Carrara, Priolo, mentre altri metalli pesanti vengono indicati come possibili responsabili di malformazioni congenite nelle aree di Falconara e Milazzo.
Ancora, questa volta nel ricco nordest: a Trento, Grado e Marano è stata registrata un’alta incidenza di malattie neurologiche e la relazione con l’esposizione a piombo, mercurio e solventi. Non solo ILVA e Terra dei fuochi, quindi. La lista dei cosiddetti SIN (Siti di interesse nazionale per le bonifiche) è chilometrica e comprende 44 località, da nord a sud, che sono a rischio di disastro ambientale e sono abitati da 6 milioni di italiani.
Eppure, anche stavolta, stava per scapparci l’ennesimo condono. Il decreto Destinazione Italia, fortemente voluto dal governo Letta per rilanciare l’economica, conteneva, nella sua versione originaria, una vera e propria sanatoria per gli autori inquinamento ambientale. L’art. 4, nella formulazione iniziale, disponeva che le aziende colpevoli di aver inquinato i SIN sarebbero state esentate dal principio chi inquina paga se i fatti fossero stati antecedenti al 30 aprile 2007. Dietro grandi pressioni di parte dell’opposizione (M5S e SEL) l’emendamento è stato fortunatamente modificato, confermando il principio del “chi inquina paga”.
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