Con più di 870 milioni di persone nel mondo che soffrono la fame, parlare di ‘soluzione’ è certamente un azzardo. Tuttavia, mentre non va dimenticato che all’incirca un terzo della popolazione mondiale è vittima del flagello della cosiddetta ‘fame nascosta’, la speranza per un cambiamento di passo in positivo sembra arrivare dall’India – benché non manchino critiche e un dibattito acceso -, Paese dove ad oggi sono 250 milioni le persone denutrite.
“Prosperità e forza”
Il Dhanshakti è una varietà di miglio perlato che all’incirca 30 mila piccoli agricoltori indiani stanno coltivando per un progetto della Harvest Plus, organizzazione che opera e fa ricerca nel campo alimentare. La sua particolarità, scrive il settimanale tedesco Der Spiegel, è che ha livelli particolarmente alti di zinco e ferro. “Da quanto consumiamo questa varietà di miglio perlato i bambini sono raramente malati“, spiega Devran Mankar, secondo cui il Dhanshakti è “molto nutritivo” ed è ottimo anche per il bestiame. Il suo campo, nei pressi del villaggio di Vadgaon Kashimbe, nello Stato del Maharashtra, è largo 100 metri e lungo 40, ma se il raccolto non dovesse essere guastato da grandine o altri agenti atmosferici avversi, potrebbe fruttare fino a 350 chili di miglio perlato.
L’obiettivo del programma, come dichiarato dai vertici della stessa Harvest Plus, è quello di trovare strade possibili per uscire dall’ingorgo della malnutrizione e della fame, nel tentativo di migliorare le condizioni di un miliardo di persone entro il 2030. A tutti gli effetti il Dhanshakti, la cui traduzione dall’indiano è “prosperità e forza”, rientra a pieno diritto tra i prodotti di quella che potremmo definire una seconda ‘rivoluzione verde’ – malnutrizione dovuta alla mancata assunzione di sufficiente ferro, zinco e iodio -, con la quale esperti di nutrizione e biologi sperano di migliorare, passo dopo passo, una situazione ad oggi disastrosa.
Al di la dei numeri già snocciolati in precedenza, non vanno trascurati infatti le conseguenze della ‘fame nascosta’, particolarmente dura soprattutto nei confronti di donne e bambini. Nelle prime, quando subiscono forti carenze di ferro, è provato un aumento delle probabilità di morte durante il parto, così come più alto è il tasso di nascite premature e di problemi mestruali. I secondi, invece, possono anche diventare cechi o avere grossi disturbi nella crescita. Inoltre, come se non bastasse, tanto le donne quanto i bambini rischiano maggiormente di contrarre infezioni. “I bambini sono privati del loro futuro fin dalla nascita”, afferma l’agronomo indiano Monkombu Swaminathan, per anni impegnato nelle campagne per i diritti alla nutrizione e, soprattutto, considerato il padre indiano della ‘rivoluzione verde’ del 1960.
Una voce contro: “no alle monoculture”
Ovviamente, come già è capitato più volte in passato con altri progetti ed esperimenti sulla falsa riga del miglio perlato Dhanshakti – che tuttavia, spiega il direttore di Harvest Plus Howarth Bouis, non rientra nel campo del transgenico -, non mancano le voci critiche. Una di queste è quella di Vandana Shiva, attivista e ambientalista indiana che, con l’associazione Navdanya, è tra le bandiere della biodiversità.
“Una singola sostanza nutritiva non può essere la soluzione alla crisi multidimensionale della malnutrizione, il corpo umano ha bisogno di tutti i micronutrienti”, spiega al Der Spiegel, sostenendo che questo tipo di monoculture hanno “‘ucciso’ 25mila agricoltori in tutta l’India”. La Harvest Plus, sostiene, è concentrata su una singola sostanza nutritiva, quando invece la soluzione potrebbe trovarsi in una maggiore diversità nelle coltivazioni.
“La maggior parte delle nostre colture tradizionali sono piene di sostanze nutritive”, continua Shiva, chiedendosi allora perché nasca la necessità di creare coltivazioni ‘potenziate’ quando le vitamine e le altre sostanze possono essere prese da altri cibi: “perché creare il Golden Rice (riso geneticamente modificato) quando la vitamina A può essere assunta attraverso carote e zucche, che ne contengono in abbondanza? Perché sviluppare banane geneticamente modificate con alto contenuto di ferro quando questo è già largamente contenuto nel rafano e nell’amaranto?”.
Una voce pro: “non c’è abbastanza terra coltivabile”
Secondo il già citato Howarth Bouis, numero uno della Harvest Plus, il problema dell’approccio di Shiva è la mancanza di terra da coltivare. La popolazione mondiale è in continua crescita, e secondo un rapporto del Programma Ambientale delle Nazioni Unite entro il 2050 (9,6 miliardi di persone previste) l’agricoltura dovrà soddisfare il 70% delle calorie in più rispetto ad oggi. Per questo, sostiene Bouis, è necessario rendere l’agricoltura “ancora più produttiva”, facendo si che sia in grado con il tempo di far fronte alle previsioni dell’ONU.
Nel mezzo
Tuttavia la risposta al problema, come spesso accade, si potrebbe trovare più facilmente nel mezzo di queste due posizioni. Sempre nello Stato del Maharashtra, nella città di Vadgaon Kashimbe, un contadino 38enne di nome Santosh Pingle ha unito entrambe le visioni coltivando il suo campo per metà a Dhanshakti, mentre nell’altra metà crescono pomodori e altri ortaggi. In questo modo, la sua famiglia riesce ad avere sia il giusto apporto nutrizionale di vitamine e altri elementi – dovuto a la “prosperità e la forza” -, sia una certa varietà di cibo.
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