ROMA. Per strada, in ufficio, nelle auto. Tra le mani degli uomini. E infine in quelle delle donne. Il fiore dell’8 marzo, la mimosa, è legato a questo giorno tra leggenda e necessità.
Il mito è legato al fatto storico vero, quando l’8 marzo del 1908, 129 operaie di un’industria di New York rimasero uccise in un incendio, mentre protestavano per le condizioni di lavoro indegne a cui erano sottoposte e, secondo alcuni, nei pressi della fabbrica bruciata nel 1908 cresceva proprio un albero di mimosa.
Ma ci sono anche motivazioni ben più pragmatiche: nel 1946, è stata l’Unione Donne Italiane a scegliere la mimosa, un fiore poco costoso.Ed una delle poche piante ad essere fiorita all’inizio di marzo.
Nei primi anni cinquanta, anni di guerra fredda e del ministero Scelba, – secondo quanto spiega Wikipedia – distribuire in quel giorno la mimosa o diffondere Noi donne, il mensile dell’Unione Donne Italiane (UDI), divenne un gesto «atto a turbare l’ordine pubblico», mentre tenere un banchetto per strada diveniva «occupazione abusiva di suolo pubblico».
Nel 1959 le senatrici Luisa Balboni, comunista, Giuseppina Palumbo e Giuliana Nenni, socialiste, presentarono una proposta di legge per rendere la giornata della donna una festa nazionale, ma l’iniziativa cadde nel vuoto.
Il clima politico migliorò nel decennio successivo, ma la ricorrenza continuò a non ottenere udienza nell’opinione pubblica finché, con gli anni settanta, in Italia apparve un fenomeno nuovo: il movimento femminista.
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