PALERMO – La Sicilia è la maglia nera in Italia per quanto riguarda la spesa dei fondi europei. Il rischio è alto. Infatti, il regolamento europeo per i fondi europei 2014-2018 prevede che la Commissione debba tagliare alle Regioni i fondi che al 31 dicembre 2018 non saranno stati usati per il pagamento del prefinanziamento iniziale e annuale dei progetti, per i pagamenti intermedi, o per la quale non sia stata già impegnata una domanda di pagamento. Ma il
ministro per il Mezzogiorno Barbara Lezzi ha rasserenato sulla situazione. “È vero la Sicilia è quella che presenta maggiori criticità – ha detto – ma siamo riusciti a recuperare oltre la metà del ritardo e forse riusciremo a recuperare qualcosa di più”.
L’ultimo allarme sulle difficoltà a spendere i fondi europei della Regione siciliana è stato fornito due giorni fa in un servizio di Daniela Bricca andato in onda sul programma di Rai Uno “Porta a porta”: un’intervista a Mauro Cappello, docente dell’Università Roma Tre ed esperto di fondi europei. Così, in seconda serata sulla prima rete nazionale, va in onda il triste report sullo stato d’avanzamento della spesa che la Sicilia ha fatto con i fondi strutturali: la Regione nel 2018 ha erogato risorse pari allo zero per cento sul Fesr, fondo europeo di sviluppo regionale, e arranca anche nella spesa del Fse, fondo per l’istruzione e formazione, con il quattro per cento di spesa.
Alla puntata era presente, per l’appunto, il ministro per il sud Barbara Lezzi che ha spiegato la strategia del governo per accelerare la spesa dei fondi strutturali.Si parte con la strategia per un migliore impiego di 1,6 miliardi per l’assistenza tecnica. “L’agenzia per la Coesione territoriale (l’agenzia nazionale che si occupa della spesa dei fondi strutturali, ndr) – ha raccontato il ministro – possiede tantissimi consulenti con contratti tra i sei e i sette anni. Abbiamo deciso che l’Agenzia debba andare nei territori per stare affianco delle Regioni e dei Comuni. In questa programmazione – ha poi continuato il ministro – dobbiamo occuparci dell’accelerazione della spesa. Nessuno deve avere alibi. Con la Sicilia – ha detto la Lezzi -abbiamo fatto così: abbiamo fatto un patto a tre che vede come firmatari me, la commissaria europea per la coesione Corina Cretu, e il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci. Tutti e tre ci siamo impegnati e abbiamo messo la faccia per recuperare 800 milioni di spesa entro il 31 dicembre”.
I fondi europei che la Sicilia è chiamata a impiegare sono quattro: il fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), il Fondo sociale europeo (Fse), il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr) e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (Feamp).
Il Fesr vale circa 4,5 miliardi: 3,4 miliardi provengono dall’Unione europea e 1,1 miliardo viene dal bilancio nazionale. Stando ai dati della Commissione Europea, il 30 giugno, il livello di spesa era pari allo 0 per cento con 8 milioni spesi mentre sono stati impegnati più di tre miliardi di euro. Ma da giugno, sono stati compiuti molti passi avanti e il dato della spesa è in veloce incremento. Il totale dei pagamenti fra prefinanziamenti iniziali ed annuali e pagamenti intermedi è di 189 milioni, 180 milioni in più rispetto a tre mesi fa.
Il Fse, il fondo cioè che finanzia gli investimenti in istruzione e formazione, invece vale 820 milioni di euro e la spesa fin ora fatta equivale al 4 per cento dei fondi totali. Il fondo è finanziato con 615 milioni di risorse europee e 205 milioni di stanziamenti nazionali. Il 30 giugno gli impegni a spendere valevano 139 milioni di euro mentre risultavano spesi soltanto 32 milioni. Le risorse erogate nelle tre tipologie di pagamento oggi, invece, ammontano a 55 milioni, 20 milioni in più rispetto a fine giugno.
Il programma messo meglio è il Feasr. Il fondo, che ammonta a quasi 2,2 miliardi, è usato per gli investimenti agricoli e boschivi e che viene attuato attraverso il Programma di sviluppo rurale (Psr). In questo caso l’aggiornamento statistico è quello di fine 2017 quando il livello di spesa era pari al 21 per cento: 460 milioni di euro. In quella data la spesa impiegata era pari al 50 per cento del fondo. In questo caso il livello di spesa è in linea con la media europea. L’investimento europeo è pari a 1,3 miliardi mentre quello nazionale corrisponde a 862 milioni. E i fondi europei impiegati fra pagamenti intermedi e prefinanziamenti è pari a 318 milioni.
Infine, per ciò che riguarda il Feamp, gli open data europei non forniscono un dato che però è stato fornito dalla Corte dei conti nel recente giudizio di parifica per il rendiconto dell’anno finanziario 2017: “A fronte di impegni per un ammontare di poco superiore a 25,5 milioni di euro – raccontava la Corte -, risultano imputati pagamenti soltanto all’assistenza tecnica per 285 mila euro. Una percentuale di spesa al 31 dicembre del 2017 che quindi valeva lo 0 per cento rispetto ai 118 milioni di euro a disposizione della Sicilia.
Uno dei temi caldi sollevato nella puntata di mercoledì scorso di “Porta a porta” è quello dei fondi per l’assistenza tecnica i fondi per consulenti che la commissione europea paga per aiutare le amministrazioni che gestiscono fondi europei a gestirli meglio. I fondi a livello nazionale sono un miliardo e sei milioni. All’interno dei programmi operativi affidati alla Sicilia per l’assistenza tecnica sono destinati 153 milioni di euro, 104 milioni nel Fesr, 28 milioni nel Fse e 21 milioni nel Feasr. E proprio in questi giorni, il governo Musumeci ha annunciato che intende usare proprio questi fondi per arruolare, attraverso il Formez, un centinaio di consulenti da affiancare ai dipartimenti che gestiscono i fondi europei.
Ma le amministrazioni vanno aiutate, soprattutto, in modo strutturale attraverso la semplificazione e proprio per questo, due giorni fa il ministro per il Sud ha incontrato a Roma i rappresentanti delle Regioni e egli enti locali. “Ho ritenuto importante – ha detto il ministro Barbara Lezzi – condividere il tema con i responsabili e con i fruitori delle prossime politiche di coesione. Presenteremo un piano di semplificazioni – ha proseguito – per l’utilizzo dei fondi, perché è giusto che le Regioni non siano soffocate dalla burocrazia e possano concentrarsi maggiormente su programmazione e progettazione”.
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