Legge già passata in Belgio, presto anche in Germania e Gran Bretagna. Italiani che vivono in questi paesi hanno sei mesi per trovare un nuovo lavoro.
NEW YORK (WSI) – Dopo sei mesi, i cittadini europei disoccupati sono pregati di lasciare la Germania. Questa la misura più drastica invocata dal governo di Berlino per bloccare quello che media e politici tedeschi definiscono Sozialturismus, cioé il turismo del welfare. D’altra parte, come ha spiegato l’altra sera Angela Merkel, “L’Ue non è un’unione sociale: non pagheremo i sussidi a chi sta in Germania a cercare lavoro”. Il precursore è stato il Belgio, ora tocca a Berlino.
E, in un futuro nemmeno troppo prossimo, potrebbe essere la volta del Regno Unito. L’assalto al trattato di Schengen, o almeno alla parte che prevede la libera circolazione delle persone su tutto il territorio europeo, è in atto. Tra il 4 e l’11 giugno il Bundestag, il Parlamento di Berlino voterà una legge per “togliere il diritto a risiedere in Germania” – la definizione è di un alto funzionario del ministero dell’Interno – ai cittadini comunitari senza lavoro che abbiano percepito per almeno sei mesi il sussidio di disoccupazione.
In tempi di Grosse Koalitione, le possibilità che il provvedimento passi sono altissime: il disegno di legge infatti è stato scritto a quattro mani dal ministro dell’Interno in quota Cdu (centrodestra) Thomas de Maizière e dalla titolare degli affari sociali Andrea Nahles, che proviene dalle file socialdemocratiche. Il numero di italiani interessati è molto alto: sono infatti 65.081 i connazionali che chiedono il sussidio di disoccupazione al governo federale.
Non tutti rischiano di perdere il diritto di risiedere in Germania: una quota consistente di chi percepisce l’assegno lavora, ma non ha un salario sufficiente a sopravvivere o riceve l’aiuto da meno di sei mesi. Molto dipenderà da quale sarà la formulazione definitiva della legge, ma non è difficile prevedere che la comunità italiana (la seconda più numerosa del Paese con 245 mila lavoratori e oltre mezzo milione di residenti) sarà tra le più colpite.
Negli ultimi mesi, l’immigrazione è stata vissuta come un vero e proprio allarme. Nel 2013 la Germania è stato il secondo Paese Ocse per arrivo di immigrati, alle spalle dei soli Stati Uniti. Cinque anni fa, era al sesto posto. In dodici mesi sono arrivate 1,22 milioni di persone e, tra queste, 787 mila provengono dai Paesi dell’Unione Europea.
La crisi dei Paesi mediterranei ha fatto impennare il flusso di lavoratori verso il cuore dell’Europa (gli italiani sbarcati in Germania sono stati 32 mila, in crescita del 51 per cento rispetto al 2012) e il recente allargamento dell’Ue a Romania e Bulgaria ha fatto il resto.
L’attenzione dell’opinione pubblica più conservatrice e quella dei partiti nazionalisti come Alternative für Deutschland si è concentrata sulle difficoltà di integrare bulgari e rumeni, ma le nuove norme varranno per tutti. Non che i tedeschi abbiano tutti i torti. Una parte consistente della legge si concentrerà sugli abusi ai danni del munifico sistema di welfare tedesco.
Ad esempio il Kindergeld, un assegno di 180 euro al mese per ogni figlio di lavoratore. Secondo le statistiche del governo, nel 2012 ben 600 milioni distribuiti attraverso questo sussidio sono finiti fuori dai confini nazionali. E, nonostante il tasso di natalità dei tedeschi sia il secondo più basso d’Europa, nel 2013 le richieste di Kindergeld sono aumentate del 30 per cento. Per questo chiunque venga pizzicato a fornire dati falsi per accedere alle prestazioni di assistenza, o a contrarre matrimoni solo per acquisire la cittadinanza tedesca, sarà punito con il carcere fino a tre anni e, una volta scontata la pena, non potrà fare ritorno in Germania.
Il discorso però cambia, e parecchio, per quei cittadini europei che in Germania non hanno commesso nessun reato, ma sono costretti a richiedere un sussidio perché temporaneamente senza lavoro.
In Belgio, il primo Paese a utilizzare le deroghe al trattato di Schengen previste dalla direttiva europea 2004/38 (che permette di interdire la permanenza ai cittadini comuniutari che diventino un onere per il Paese ospitante), non si è verificata nessuna espulsione, ma agli “indesiderati” vengono ritirati i documenti necessari a trovare un lavoro e perfino ad affittare una stanza. Dal ministero degli Interni tedesco fanno sapere che “si potrebbe ricorrere ad una misura simile, ma è ancora presto per dare dei dettagli”.
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