Emmanuel Macron ammette che la collera dei francesi è in parte giusta. E apre ad una svolta sociale per superare lo “stato di emergenza” e rilanciare il potere d’acquisto dei suoi cittadini. Promettendo da subito misure di sostegno, a cominciare dall’aumento degli stipendi minimi di cento euro a partire da gennaio 2019.
A tre settimane dall’inizio della mobilitazione, il presidente francese tenta di placare la rabbia dei gilet gialli. E nel messaggio di 13 minuti trasmesso alle 20 di ieri dall’Eliseo, dopo un altro week-end di proteste e devastazioni a Parigi e in altre città del Paese, il capo dello Stato ha prima condannato le violenze, assicurando massima intransigenza con i casseurs. Poi, ha annunciato una serie di misure immediate e concrete per rispondere alle legittime rivendicazioni della stragrande maggioranza di casacche gialle pacifiche.
“Non dimentico – ha detto nel videomessaggio a reti unificate – che c’è una collera, un’indignazione, che molti francesi possono condividere” e che “ritengo giusta per molti aspetti”.
Quindi, dallo studio presidenziale con il tricolore e la bandiera Ue sullo sfondo, ha descritto alcuni casi precisi, come le difficoltà di una madre sola con figlio a carico di arrivare a fine mese – una celebre portavoce dei gilet-gialli che nel 2017 votò per Macron è proprio in questa situazione – i pensionati e i tanti lavoratori mobilitatisi in questi ultimi giorni per dire basta all’indifferenza di Parigi. Quindi, da parte del presidente, un parziale mea culpa.
“Senza dubbio, non abbiamo saputo fornire una risposta, mi assumo la mia parte di responsabilità”, ha dichiarato, osservando che nelle proteste e nei blocchi del Paese stanno riemergendo “40 anni di malessere”. Come a dire, non solo i 18 mesi da lui condotti all’Eliseo. Parziale ammenda anche per il suo linguaggio a volte un po’ sprezzante e brutale, riconoscendo che le sue parole possono aver “ferito qualcuno”.
Come quando disse che in Francia ci sono “quelli che hanno successo e quelli che non sono niente” o che per trovare un lavoro basta “attraversare” la strada. Ora però è arrivato il tempo di “un nuovo compromesso nazionale”, di imprimere una svolta ‘sociale’ al quinquennato, dopo i primi 18 mesi in cui Macron è stato spesso accusato di essere il presidente dei ricchi. “Tutti insieme – assicura – ce la possiamo fare”.
Decretando lo “Stato d’urgenza economico e sociale”, spingendo per una “Francia del merito e del lavoro” e che “possa vivere degnamente” della propria attività, ha quindi sfoderato tre principali misure che vanno dritte al portafogli dei connazionali: l’aumento del salario minimo di 100 euro al mese dal 2019, la detassazione, dalla stessa data, degli straordinari, nonché l’annullamento della contribuzione sociale generalizzata (CSG) per i pensionati che guadagnano meno di 2.000 euro al mese (“Lo sforzo richiesto era troppo importante”, ha detto).
Quindi l’appello agli imprenditori di Francia a versare un bonus di fine anno ai dipendenti, che sarà interamente detassato. Secondo Le Monde, le misure sociali e fiscali di Macron, a cui si aggiunge anche l’annullamento dell’ecotassa sul carburante sospesa per almeno un anno la settimana scorsa, potrebbero ammontare a circa 10 miliardi di euro. Se fosse confermata, questa somma comprometterebbe la traiettoria sui conti pubblici assunta da Parigi con l’Ue.
Il deficit al 2,8% nel 2019 appare “fuori portata” e anche il tetto del 3% “non è più garantito”, scriveva il giornale questa mattina, prima dunque, che il presidente dettagliasse le misure. Secondo fonti dell’esecutivo, “ripassare al di sopra del 3% non è più un tabù”.
Il ministro degli Esteri, il socialista Jean-Yves Le Drian, aveva “invocato un nuovo contratto sociale” per la Francia. Secondo il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, gli incidenti e i blocchi della mobilitazione hanno bruciato 0,1 punti di crescita nel quarto trimestre 2018.
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