Prima di quella sera, il nulla. Il rock’n’roll non esisteva. E senza quella sessione di registrazione di sessant’anni fa -5 luglio 1954, nei locali della Sun Records di Memphis- Elvis Aaron Presley sarebbe rimasto un normale camionista con l’ambizione del canto. Ma il caso e la fortuna, il talento e l’orecchio lungo di Sam Phillips -proprietario degli studi di registrazione- innescarono la scintilla di uno dei più grandi roghi della cultura popolare del Novecento. Una rivoluzione. Un fuoco che ha raggiunto milioni di ragazzi, dagli anni ‘50 a oggi. Nel nome del Re. Elvis the Pelvis, il sovrano del rock’n’roll.
E gli eventi racchiusi in quella sera sono il segno di come i miracoli -quelli musicali, s’intende- siano sempre dietro l’angolo. Calda sera di luglio. Elvis ha da poco iniziato la sua prima registrazione con Scotty Moore e Bill Black, chitarrista e bassista scelti da Phillips per accompagnarlo. Ma niente sembra andare per il verso giusto. Il produttore chiama una pausa. Poi parla con i musicisti. Attimi di silenzio. E dall’interno dello studio Phillips sente Elvis suonare la chitarra e cantare -a velocità doppia rispetto all’originale- That’s Alright, Mama, un vecchio blues di Arthur Big Boy Crudup. I due musicisti lo raggiungono e iniziano a suonare anche loro. Phillips avvia il nastro per la registrazione.
Buona la prima. Sam Phillips non crede a ciò che sta ascoltando. Perché la musica che esce dagli amplificatori è esattamente il nuovo sound che sta cercando da mesi. That’s Alright, Mama è allostesso tempo country, rhythm & blues, folk e pop. Ma è anche un suono in grado di spazzare via ogni tipo di argine razziale imposto alla musica popolare. Elvis è un cantante bianco perfettamente a suo agio con la musica dei neri. “Diavolo! Questa roba è fantastica, diversa! -urla il produttore ai tre musicisti- Facciamo subito un disco”.
La registrazione va avanti. Il trio incide anche Blue Moon of Kentucky. E il singolo è pronto per essere stampato. Avviene tutto nel giro di pochi giorni. Il 19 luglio 1954 vengono distribuite le prime 20.000 copie. Il pezzo arriva in radio, decretando la nascita della Elvismania. Quando Dewey Phillips, dj di Radio Whbq -piccola emittente di Memphis- fa ascoltare per la prima volta Blue Moon of Kentucky i centralini impazziscono. Centinaia di ragazzi chiedono di tutto su quel cantante dalla voce profonda e ipnotica. E dopo una settimana dalla messa in onda, il singolo è già in terza posizione della Country & Western Chart.
Arrivano le prime scritture. Poi i tour. Momenti di crescita esponenziale. The King inizia a mettere a fuoco non solo il suo repertorio musicale ma si accorge di quanto conti il corpo, il suo corpo. Ogni concerto finisce direttamente sulle pagine dei giornali alla voce musica che fa scandalo. Ogni suo movimento di bacino genera forme di isteria collettiva, sorrisi, scomuniche e anatemi. La lunga storia del rock ha inizio. È la stessa immagine del corpo di Elvis che fa nascere il rock’n’roll. La sua presenza scenica, la gestualità mutuata dai cantanti di rhythm & blues. Tutto entra nei salotti delle case americane. Una scossa al conformismo. E non solo. Perché Elvis incarna il sogno americano. Spudorato, ribelle, erotico, l’antitesi del puritano. Ma è anche l’umile che si fa re grazie alle proprie capacità.
Gaetano Pisano
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