I grandi fondi d’investimento statunitensi stanno facendo incetta di asset reali europei ed in particolare italiani. Il settore immobiliare è quello che attira maggiormente questo tipo di investimenti per natura speculativi. In questo momento il bottino più ambito è il portafoglio del Fip (Fondo immobili pubblici), che dal 2004 è composto da quasi 400 immobili pubblici da vendere per permettere allo stato italiano di fare cassa: uffici della pubblica amministrazione, dell’Agenzia delle Entrate, del ministero del lavoro, caserme della Guardia di Finanza e dell’Esercito e altri beni immobili pubblici.
George Soros (con il fondo Quantum Strategic Partners) è uno dei protagonisti di questa gara all’acquisto di asset immobiliari in Italia. Già a marzo si era assicurato una fetta della torta con l’acquisto del 5% di Igd (Immobiliare Grande Distribuzione), il principale attore in Italia nel settore dell’immobiliare per la grande distribuzione, che, tanto per capirci, è controllato dal mondo delle cooperative rosse (Coop Adriatica e Unicoop Tirreno).
L’altro principale protagonista di questo “shopping”, il fondo Blackstone, sta attuando una politica ancora più aggressiva. Proprio questo fondo lanciato un’offerta per il pacchetto di immobili più corposo dal valore di 800 milioni di euro. La natura del mattone come scommessa (ben poco rischiosa) di redditività futura si fa chiara a leggere la dublice strategia di Blackstone: da un lato acquistare in Italia quanti più possibili immobili per i quali c’è la garanzia di avere lo Stato come affittuario (ovvero una rendita garantita), dall’altro avere posizionamenti strategici per sfruttare i processi di trasformazione urbana e far schizzare in alto il valore degli immobili. Un esempio è l’intricato caso del Corriere della sera che, strozzato dai debiti, ha venduto al fondo USA lo storico palazzo di via Solferino a Milano per 120 milioni di euro (un prezzo considerato stracciato, sopratuttto alla luce della recente ristrutturazione per quasi 74 milioni proprio a spese del giornale). Rcs tuttavia dovrà pagare un affitto salato per rimanere nell’edificio, in questo modo Blackstone recupererà ogni anno l’8,5% dell’investimento (un ottima renumerazione del capitale!). Da notare che questa operazione vede al centro della scena gli intricati rapporti tra l’azionariato di Rcs (Fiat, Mediobanca, Banca Intesa Sanpaolo, Pirelli, Pesenti, Unipol…insomma tutta l’imprenditoria italiana che conta) e proprio il fondo Blackstone dove, probabilmente, alcuni di questi soggetti hanno delle partecipazioni (la vicenda è stata affrontata nel dettagli dalla puntata di Report del 14/04/2012).
Da un lato il governo italiano ha la necessità di far cassa e quadrare i conti per rispettare le politiche del rigore, dall’altro banche e fondi di investimento sono gonfi del denaro immesso nel circuito da Fed e Bce a spese dei contribuenti (per ultimo l’abbassamento del costo del denaro a tasso zero…) e cercano di invenstire nei settori in cui l’enorme massa di capitale possa essere ancora più redditizia. Nel mezzo ci sono gli abitanti delle città italiane; tenuti lontano dalla possiblità di decidere sulla propria città, obbligati a vedere i propri spazi pubblici recintati per l’uso privato di ricchi magnati o a subire la distruzione dei propri quartieri per le necessità di arricchimento dei grandi capitali.
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