Lo slittamento delle 5 Regioni è stato deciso dal ministro Speranza sulla base dell’ultimo monitoraggio settimanale. Nel periodo 15-28 dicembre 2020, l’indice di trasmissibilità Rt è tornato sopra 1. Gli esperti scrivono che c’è il rischio di un “nuovo rapido aumento nel numero di casi” se non venissero “implementate rigorosamente misure di mitigazione più stringenti”
A partire da domenica 10 gennaio Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Calabria e Sicilia saranno in zona arancione. Lo ha deciso il ministro della Salute, Roberto Speranza, sulla base dell’ultimo monitoraggio dell’epidemia elaborato dalla cabina di regia. L’ordinanza è attesa in serata e sarà valida fino al 15 gennaio – data di scadenza del dpcm – ma contestualmente al prossimo provvedimento del presidente del Consiglio verranno valutate probabili proroghe. Nelle 5 Regioni, quindi, torneranno a chiudere bar e ristoranti – restano consentiti l’asporto e la consegna a domicilio fino alle 22 – mentre rimangono aperti i negozi. Ci si potrà spostare dal proprio Comune solo in caso di necessità, motivi di lavoro o salute documentati con l’autocertificazione.
Superate le vacanze natalizie, quindi, torna a pieno regime il meccanismo di divisione del Paese in fasce di rischio che gli italiani hanno imparato a conoscere dal novembre scorso. Lo slittamento delle 5 Regioni è stato deciso, come sempre, sulla base del monitoraggio della curva epidemiologica e degli indicatori di rischio individuati dagli scienziati. Come si legge nella bozza del documento, per la prima volta da un mese e mezzo l’indice di trasmissibilità Rt è tornato sopra 1 (1,03) nel periodo 15-28 dicembre 2020. Gli esperti scrivono che l’epidemia si trova “in una fase delicata che sembra preludere ad un nuovo rapido aumento nel numero di casi nelle prossime settimane, qualora non venissero definite ed implementate rigorosamente misure di mitigazione più stringenti“.
Le Regioni/Province autonome considerate a rischio alto sono 12, mentre 8 a rischio moderato (di cui due ad alto rischio di progressione a rischio alto nelle prossime settimane). Solo una, cioè la Toscana, è a rischio basso. L’indice Rt è maggiore a 1 (anche nel valore inferiore) in Calabria, Emilia Romagna e Lombardia. Altre 6 (Liguria, Molise, Sardegna, Sicilia, Umbria, V. d’Aosta) lo superano nel valore medio, e altre quattro lo raggiungono (Puglia) o lo sfiorano (Lazio, Piemonte e Veneto). In generale si osserva un nuovo aumento dell’incidenza a livello nazionale negli ultimi 14 giorni (313,28 per 100mila abitanti vs 305,47 per 100mila abitanti del periodo 14-27 dicembre). Si evidenzia, in particolare, il persistente valore elevato di questo indicatore nella Regione Veneto (927,36 per 100mila abitanti negli ultimi 14 giorni).
Per quanto riguarda la situazione negli ospedali, sono 13 le Regioni che hanno un tasso di occupazione in terapia intensiva e/o aree mediche sopra la soglia critica(la settimana precedente erano 10). Il tasso di occupazione in terapia intensiva a livello nazionale torna a essere sopra la soglia critica (30%). Complessivamente, il numero di persone ricoverate in terapia intensiva è in lieve aumento da 2.565 (28/12/2020) a 2.579 (04/01/2021); il numero di persone ricoverate negli altri reparti è invece lievemente diminuito passando da 23.932 (28/12/2020) a 23.317 (04/01/2021).
L’indice Rt nelle Regioni
Le tre Regioni con l’Rt puntuale significativamente superiore a 1 sono Calabria, Emilia-Romagna e Lombardia; altre 6 lo superano nel valore medio (Liguria, Molise, Sardegna, Sicilia, Umbria, Valle d’Aosta), altre 4 hanno un valore uguale (Puglia) o che lo sfiora (Lazio, Piemonte, Veneto). Il Veneto «mostra un tasso di incidenza particolarmente elevato, rispetto al contesto nazionale».
Secondo il monitoraggio, l’epidemia si trova ora «in una fase delicata che sembra preludere ad un nuovo rapido aumento nel numero di casi nelle prossime settimane, qualora non venissero definite ed implementate rigorosamente misure di mitigazione più stringenti».
Ecco l’indice Rt nelle diverse Regioni:
Abruzzo: 0,9 (intervallo: 0.83-0.97)
Basilicata:0.83 (intervallo: 0.67-1)
Calabria: 1.14 (intervallo: 1.04- 1.24)
Campania: 0.83 (intervallo: 0.76- 0.89)
Emilia-Romagna: 1.05 (intervallo: 1.03-1.08)
Friuli Venezia Giulia: 0.91 (intervallo: 0.89-0.95)
Lazio: 0.98 (intervallo: 0.94- 1.02)
Liguria: 1.02 (intervallo: 0.95- 1.08)
Lombardia: 1.27 (intervallo: 1.24- 1.3)
Marche: 0.93 (intervallo: 0.82- 1.05)
Molise: 1.27 (intervallo: 0.96- 1.63)
Piemonte: 0.95 (intervallo: 0.92- 0.99)
Provincia autonoma di Bolzano: 0.81 (intervallo: 0.75- 0.89)
Provincia autonoma di Trento: 0.85 (intervallo: 0.79- 0.91)
Puglia: 1 (intervallo: 0.96- 1.03)
Sardegna: 1.02 (intervallo: 0.95- 1.09)
Sicilia: 1.04 (intervallo: 0.99- 1.08)
Toscana: 0.9 (intervallo: 0.87- 0.95)
Umbria: 1.01 (intervallo: 0.95- 1.08)
Valle d’Aosta: 1.07 (intervallo: 0.87- 1.27)
Veneto: 0.97 (intervallo: 0.96- 0.98)
Aumenta il rischio di una epidemia «non controllata»
Nel monitoraggio si riconosce anche che l’attuale incidenza, su tutto il territorio nazionale, è ancora lontana da livelli che permetterebbero il completo ripristino di un sistema di tracciamento efficace: «Il servizio sanitario», si legge, «ha mostrato i primi segni di criticità quando il valore a livello nazionale ha superato i 50 casi per 100.000 in sette giorni». L’incidenza a livello nazionale negli ultimi 14 giorni, si legge nel monitoraggio, è di 313,28 per 100.000 abitanti, con un picco in Veneto (927,36 per 100.000 abitanti negli ultimi 14 giorni). Per questo il monitoraggio parla di un «aumento complessivo del rischio di una epidemia non controllata e non gestibile».
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