Cambiano i governi, restano i privilegi per la Chiesa cattolica. Anche l’esecutivo Renzi, infatti, non cambia verso all’andazzo di sempre. Nel decreto licenziato dal ministero dell’Economia lo scorso 26 giugno si introducono dei tetti minimi al di sotto dei quali scatta l’esenzione dal pagamento dell’IMU e della TASI per i cosiddetti ENC (enti non commerciali) gestiti dal Vaticano. Com’è ovvio, infatti, i luoghi di culto sono esentati dal pagamento di imposte. Tuttavia, ad eccezione di alberghi, ostelli e bed and breakfast, ai quali il decreto Padoan concede ben poche scappatoie, per tutte le altre tipologie di immobili le regole sono piuttosto accomodanti. Per non dire generose.
Scuole – Per le scuole, ad esempio, si assegna un parametro di retta annuale al di sotto del quale l’istituto è esentato dalle tasse. Un parametro assai generoso, dai 5.700 ai circa 7.000 euro l’anno, nettamente più alto di quello introdotto dal governo Monti. In sostanza, tutti gli istituti che hanno rette inferiori o uguali alle suddette cifre sono esentate dal pagamento delle imposte. Il paradosso è che ora alcune scuole che pagavano (si pensi, ad esempio, al prestigioso Istituto Massimo di Roma) potrebbero non pagare più. Un bel risultato.
Ospedali – Ancora più vantaggiosa la disciplina per gli oltre 2.000 ospedali e case di cura di proprietà della Chiesa convenzionate con il sistema sanitario nazionale. Qui l’esenzione da IMU e TASI è totale. È sufficiente infatti che la struttura sanitaria goda dell’accreditamento pubblico: in questo caso il decreto prevede l’esenzione fiscale in quanto la casa di cura diventa “complementare o integrativa rispetto al settore pubblico”.
Alberghi e strutture turistiche – Almeno qui, fortunatamente, le maglie si stringono. Tutte le attività ricomprese nell’articolo 9 del codice del turismo dovranno pagare le tasse sugli immobili e servizi. Parliamo, nello specifico, di alberghi, ostelli, bed and breakfast, villaggi, residenze turistiche, beauty farm, più tutte le altre strutture che presentano elementi collegabili a queste. Di fatto non resta fuori nulla: solamente le stanze prese in affitto all’interno di conventi o collegi, a patto che l’attività ricettiva sia discontinua all’interno dell’anno.
Sport e cultura – In questi i settori, però, le maglie del fisco tornano ad allargarsi. O meglio, restano com’erano prima. Il decreto, infatti, non modifica le regole precedenti e dunque per musei, teatri, cinema, centri ricreativi e pinacoteche resta fermo il criterio del compenso “simbolico” e non “commisurato al costo del servizio”. Lo stesso vale per tutte le strutture sportive ecclesiastiche, purché abbiano ottenuto il riconoscimento da parte del CONI.
Resta da capire cosa si intenda per compenso simbolico: sul punto il testo del decreto è complesso e farraginoso, affidando ai comuni il compito di vigilare sulla simbolicità di quanto guadagnato da questi enti per l’espletamento delle loro funzioni.
Fonte -IBT-
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