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La mafia (non) uccide solo d’estate

By   /  24 Maggio 2014  /  No Comments

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Erano quasi le 18:00 del 23 maggio 1992. Il giudice Giovanni Falcone, direttore della sezione Affari Penali del Ministero di Grazia e Giustizia, era da poco atterrato all’aeroporto di Punta Raisi insieme alla moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato. Si dirigeva verso Palermo, accompagnato dalla sua inseparabile scorta e con il suo solito sorriso sul volto.

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 Tutto sembrava tranquillo lungo l’autostrada A29. All’altezza dello svincolo di Capaci, però, la Fiat  Croma marrone, con a bordo gli agenti della scorta, salta in aria. Subito dopo tocca anche all’auto del  magistrato e della moglie Francesca,  con l’autista Giuseppe Costanza rimasto vivo quasi per  miracolo. Un’esplosione radiocomandata da  Cosa Nostra per uccidere 5 persone di grande coraggio e  spessore. Infatti, nell’attentato di Capaci,  oltre ai coniugi Falcone, rimasero uccisi anche tre agenti  della scorta. Antonio Montinaro, 30 anni di  Calimera (Le), arruolato in Polizia dal 1981 e assegnato al  Servizio Scorte nel 1991, che lasciò la moglie e  due figli. Vito Schifani, 27 anni di Palermo, arruolato  in Polizia dal 1989 e assegnato al Reparto Scorte  nel dicembre del 1991, che lasciò la moglie e un  figlio di pochi mesi. Rocco Di Cillo, 30 anni di Triggiano (Ba), diplomato in chimica industriale e  arruolato in Polizia dal 1988. Altri tre poliziotti si trovavano sull’auto  che chiudeva la scorta e che  sono, fortunatamente, scampati alla strage. Questi i loro nomi: Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello e Angelo Corbo. La ricomposizione e l’identificazione dei corpi delle vittime, estratti dopo un lungo lavoro dei vigili del fuoco, sono stati gli aspetti più difficili e penosi. Subito dopo l’attentato l’autostrada appariva come il cratere di un vulcano.

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 A 22 anni di distanza, è doveroso non dimenticare chi ha fatto capire, con il prezzo  della propria  pelle, a Palermo e a tutti  i Palermitani cosa fosse davvero la Mafia.  Prima di quel giorno Cosa  Nostra era vista come un’organizzazione fittizia che  regolava i conti al suo interno per la gestione  degli affari della città. In questo modo  tutti “campavano” meglio. Dopo quel 23 maggio, Palermo  si rese conto di cos’era davvero la Mafia. Un’associazione a delinquere priva di scrupoli,  pronta  ad eliminare  sanguinosamente chiunque ne ostacolasse l’operato.

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Gaetano Pisano

Nato l'11/06/1987. Vive a Calatafimi-Segesta. Laureato in Scienze e Tecnologie Agrarie. Attualmente lavora presso l'Università degli Studi di Palermo.

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