“Se qualcuno immagina che in questo provvedimento ci sia non si sa quale scambio, non c’è problema: noi ci fermiamo, questa norma la rimanderemo in Parlamento soltanto dopo l’elezione del Quirinale, dopo che Berlusconi avrà completato il suo periodo a Cesano Boscone e dimostreremo che non c’è nessun inciucio strano“. Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi butta la palla in tribuna per cercare di smorzare le polemiche attorno alla legge ad personam che si cela all’interno del decreto sui reati tributari. Ma il premier sa perfettamente che la questione sulla depenalizzazione dell’evasione fiscale al di sotto del 3% dell’imponibile dichiarato non riguarda solo Berlusconi e non ha nulla a che fare con l’affidamento ai servizi sociali, che l’ex Cavaliere completerà fra qualche settimana.
Rinviare il provvedimento a dopo la conclusione dell’affidamento (e dopo la scelta del nuovo Presidente) non sposta di una virgola la questione. All’ex Cavaliere interessa recuperare quella che chiama “agibilità politica”, ossia poter tornare in Parlamento e recuperare la possibilità di candidarsi. Esattamente l’effetto che produrrebbe l’articolo 19-bis del decreto legislativo sui reati tributari che ha fatto scoppiare il caso, approvato ora o fra qualche mese.
Come spiegato ieri, l’articolo 19-bis stabilisce che non è più punibile penalmente l’evasione di imposte sui redditi o IVA se questa non è superiore “al 3% rispettivamente dell’imposta sul valore aggiunto o dell’imponibile dichiarato”. Un passaggio che si trasforma in oro per Berlusconi grazie all’articolo 2 del Codice Penale: “Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”. E’ proprio il caso dell’ex Cavaliere: la frode fiscale commessa rientra in quel limite del 3% (grazie alla prescrizione ridotta a soli 7 milioni di fronte a un imponibile Mediaset di quasi 400 milioni). Per effetto del “favor rei” previsto dall’articolo 2 del Codice, ecco che la condanna di Silvio Berlusconi verrebbe cancellata e l’ex Cavaliere tornerebbe al Senato, nuovamente candidabile. Meglio di qualsiasi grazia presidenziale.
La legge ovviamente non si applicherebbe al solo Berlusconi, ma a tutti i casi analoghi già aperti e renderebbe non perseguibili penalmente quelli futuri. L’attuale presidente del Monte dei Paschi di Siena Alessandro Profumo è inquisito per frode fiscale assieme ad altre 19 persone per fatti risalenti all’epoca in cui rivestiva il ruolo di amministratore delegato di Unicredit. Gli inquirenti ipotizzano una sottrazione al fisco di oltre 200 milioni di euro nel periodo 2007-2009 (“Operazione Brontos”). Una cifra enorme, ma che rientra nel limite del 3%, dell’imponibile registrato da Unicredit negli anni contestati.
Verrebbe coinvolta anche l’inchiesta Sistri, l’ennesima indagine che ha travolto i quadri dirigenziali Finmeccanica negli anni scorsi e che vede tra i reati contestati anche la frode fiscale. Ne gioverebbe persino Patrizio Bertelli, amministratore delegato del gruppo Prada e tra gli invitati all’ultima Leopolda, la kermesse renziana organizzata a Firenze, finito sotto inchiesta della Procura di Milano per “infedele dichiarazione dei redditi”. Lo scorso mese di settembre i pm di Milano, Gaetano Ruta e Adriano Scudieri, titolari dell’indagine hanno presentato richiesta di proroga delle indagini preliminari, accolta dal GIP. Un’ indagine che parte nel dicembre dello scorso anno, dopo che la holding aveva deciso di ritrasferire in Italia la propria sede, pagando al Fisco circa 400 milioni di euro, in base alla cosiddetta voluntary disclosure.
Il governo può congelare temporaneamente la norma, ma l’effetto colpo di spugna sarà lo stesso anche in caso di promulgazione della legge in primavera.
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