È un punto debole del sistema produttivo italiano, che condiziona negativamente la sua crescita economica. L’Italia non investe a sufficienza e in modo efficace in tecnologie avanzate. Un problema, visto che l’innovazione è un alleato importante nella corsa globale alla competitività. E un’occasione mancata, se consideriamo i fondi Ue non spesidal nostro Paese.
Basta fare un veloce confronto internazionale per comprendere la gravità della questione. Come si legge in un report dell’Osservatorio consulenti del lavoro, tra risorse elargite da Bruxelles e stanziamenti nazionali, i fondi previsti per l’Italia nei settori di “Ricerca e Innovazione” e “Sviluppo dell’Ict” ammontano a 8,3 miliardi di euro nel periodo compreso tra il 2014 e il 2020. Di questi, sono stati effettivamente spesi solo 828 milioni, il 12,3 per cento del totale: una cifra molto bassa, che fa precipitare il nostro paese in fondo alla classifica dell’Unione europea.

- Quota di spesa rispetto alle somme impegnate (in %), classifica Ue – Fonte Osservatorio Consulenti del Lavoro su dati Commissione Europea aggiornati a settembre 2018
- Ma il problema non riguarda solo l’incapacità di utilizzare risorse comunitarie. L’Italia deve fare anche i conti con un tessuto imprenditoriale scarsamente propenso a innovare. Come sottolinea un report della società di consulenza Prometeia, le aziende di piccole e medie dimensioni sono spesso restie a effettuare cospicui investimenti in nuove tecnologie per promuovere il cambiamento dei processi produttivi: sono operazioni molto costose che danno un rendimento apprezzabile solo nel lungo periodo.
Un’indagine del Mise aveva dipinto l’anno scorso un quadro generale della situazione, analizzando l’impiego da parte delle aziende italiane della tecnologia 4.0, termine che comprende stampanti 3D, robot interconnessi, realtà aumentata, intelligenza artificiale, nanotecnologie, internet delle cose e cloud computing.
Sul totale della popolazione delle imprese, solo l’8,4 per cento di esse usa almeno una di queste tecnologie, mentre un 4,7 per cento ha in programma investimenti specifici nel settore. Le imprese tradizionali, che non usano alcuna delle tecnologie 4.0 sono invece la grande maggioranza, pari all’86,9 per cento.
Gli ostacoli all’innovazione tecnologica
Per bloccare questa tendenza e favorire l’espansione degli investimenti in ricerca e sviluppo bisogna quindi sfruttare meglio i fondi europei e sostenere le imprese lungo la strada dell’evoluzione produttiva.
Sul primo punto, c’è molto da fare. Il fondo europeo di sviluppo regionale (FESR 2014-2020) ha previsto 3,8 miliardi per progetti di “Ricerca e Innovazione” e 1,5 miliardi per lo sviluppo dei sistemi di telecomunicazione. A questa somma si deve aggiungere la quota di investimento dovuta dall’Italia, pari a circa 3 miliardi (più di 2 per Research & Innovation e quasi 1 per Ict).
- Investimenti europei e nazionali (valori in milioni di euro) – Osservatorio consulenti del Lavoro su dati Commissione Europea aggiornati a settembre 2018
In totale fanno 8,3 miliardi di euro: un valore molto alto, che colloca l’Italia dietro solo a Spagna e Polonia in Europa per volume di risorse disponibili per lo sviluppo tecnologico.
- Totale investimenti, classifica Ue – Osservatorio consuleti del lavoro su dati Commissione europea, aggiornati a settembre 2018
Tuttavia, osservando le somme effettivamente spese e rendicontate rispetto a quelle impegnate nelle progettazioni, la classifica si ribalta e l’Italia è costretta a indossare la maglia nera.
La stessa dinamica è valida a livello regionale. Come si legge nel rapporto dell’Osservatorio consulenti del lavoro, una quota di queste risorse (pari a 4,4 miliardi di euro) è stata inserita nei programmi operativi regionali. Se si esclude la Puglia, la Campania e la Sicilia sono le regioni che hanno programmato gli investimenti più sostanziosi: 819 milioni la prima e 749 la seconda. E mentre la Campania ha rendicontato solo 5 milioni (l’1 per cento della cifra programmata), la Sicilia non ha rendicontato alcuna spesa.
Sull’altro versante, il sostegno alle imprese per favorirne l’evoluzione tecnologica era avvenuto in passato anche attraverso alcuni incentivi fiscali che la legge di bilancio 2019 ha fortemente ridimensionato. Con la nuova manovra infatti si dice addio al super ammortamento, la deduzione extracontabile del 40 per cento per gli investimenti in beni strumentali nuovi, impianti e macchinari. E viene depotenziato il credito d’imposta per ricerca e sviluppo e l’iperammortamento, segnala Prometeia. Anche se per compensare questi provvedimenti spunta la mini Ires per le imprese, che investono in nuovi impianti, beni strumentali o che assumono nuovo personale.
calatafimisegestanews
Ultimi post di calatafimisegestanews (vedi tutti)
- Calatafimi-Segesta: Si insedia la Giunta Gruppuso - 19 Ottobre 2021
- Avviato il progetto di turismo eno-gastronomico del Gal Elimos - 19 Ottobre 2021
- Le misure del nuovo Decreto Fisco - 16 Ottobre 2021