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Manca il timbro del ministero. E le startup del Sud affondano

By   /  22 Novembre 2016  /  No Comments

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Nel 2013 il Miur mette in palio 30 milioni per i migliori progetti d’impresa innovativa del Mezzogiorno. Ma i fondi sono ancora bloccati perché l’attività di verifica è stata sospesa

C’è chi ha dato fondo ai risparmi di famiglia. E c’è chi ha  persino ipotecato la casa di proprietà e ora rischia di perdere tutto. Altri invece sono volati in Romania pur di trovare una fideiussione assicurativa e andare avanti. Qualcuno invece ha preferito tirare i remi in barca per evitare probabili naufragi. Questo è il voto oscuro delle startup Made in Italy, fatto di imprenditori, giovani e meno giovani, che provano a parlare la lingua della Silicon Valley ma, in assenza di risorse proprie, si trovano presto indebitati fino al collo con le banche e ingabbiati nel burocratese della macchina pubblica.  

Ed è quanto sta succedendo a una trentina di startup del Mezzogiorno che hanno partecipato e vinto il Bando Startup deò  13 marzo 2013 emanato dal Miur. Si tratta di una misura che prevedeva 30 milioni di euro di fondi Pac da mettere  a disposizione delle imprese innovative delle regioni in obiettivo convergenza, ovvero quelle del Sud Italia, fanalino di coda per numero di startup hitech.  Le agevolazioni concesse sono rimaste però una promessa.

«Meno del 20%dei fondi  è stato erogato alle startup che ora si trovano in una situazione di grande difficoltà perché hanno dovuto anticipare di tasca propria i denari dei progetti», dice Antonio  Gentile, rappresentante eletto del Tavolo Tecnico, che ha scritto una lettera aperta per sollecitare il Miur a fare presto e dare una risposta a quegli imprenditori dell’innovazione che  ora rischiano la bancarotta.  «L’iniziativa intrapresa dal Miur – spiega Gentile – è stata lodevole sotto molti punti di vista. Molti imprenditori hanno unito le forze,  e collaborato con i centri di ricerca del territorio, per mettere in pista progetti innovativi, convinti di avere un sostegno e risorse adeguate per partire. E invece dopo le prime tranche di finanziamenti, tutto si è bloccato. Perché il meccanismo di controllo dell’avanzamento dei progetti, che permette poi l’erogazione dei fondi è stato sospeso».

Il ministero si avvale si consulenti esterni per la verifica dei progetti; professionisti che ora, secondo i rappresentanti del tavolo tecnico, sarebbero tutti impegnati a rendicontare progetti ben più ricchi dei fondi strutturali europei.  Senza timbro, niente soldi. E per ora dei certificatori neanche l’ombra. E allora, pur di rimanere a galla, e rispettare le procedure di accreditamento, che forse un giorno permetteranno di accedere aifondi,  le imprese hanno anticipato di tasca propria aumenti di capitale pari al 25% della somma che dovrebbero ricevere. «Somme – aggiunge Gentile –  che sono state spese primariamente per gli stipendi (e oneri annessi) alle centinaia di altri giovani assunti e che adesso (i progetti sono per lo più con scadenza 2016) devono essere restituite in onerose rate alle banche.  In buona sostanza, ad oggi la misura è stata ampiamente sostenuta dai risparmi e dai patrimoni dei giovani soci e delle loro famiglie. Solo per un piccolo numero di progetti si sono ricevute le anticipazioni, ma ovviamente anche quelle soltanto a seguito di pesanti fideiussioni».

Perciò i rappresentanti del tavolo tecnico Bando Startup Giuseppe Gentile e Marco Mariani chiedono l’immediata rirpesa delle attività di certificazione della spesa dei contributi maturati, « utilizzando quelle risorse di personale dell’assistenza tecnica che bene conoscono il processo e possono portare a compimento la certificazione di tutti gli stati di avanzamento lavori prodotti finora».

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