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Metà della ricchezza mondiale è in mano a 8 persone: ecco chi sono

By   /  17 Gennaio 2017  /  No Comments

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Sono appena 8 le persone sul tetto del mondo, o meglio nell’attico con Jacuzzi che sovrasta il mondo: secondo il rapporto ‘Un Economia Per Il 2016’ diffuso lunedì 16 gennaio 2017 da Oxfam in occasione del Forum economico mondiale di Davos, in Svizzera, che si apre il 17 gennaio, appena 8 persone detengono la stessa ricchezza netta di metà della popolazione più povera del mondo.

Parliamo di una cifra enorme, 426 miliardi di dollari concentrati tutti nelle mani di appena 8 persone – un fatto che Oxfam definisce “osceno” nel suo rapporto – e che aumentano sempre di più con il passare del tempo: nel 2010, quindi appena sette anni fa, il numero di super-ricchi che detenevano una ricchezza pari al 50 per cento di quella dei più poveri era di 43, un segno evidente di come la forbice della disuguaglianza sia aumentata tanto rapidamente quanto insensibilmente ai problemi della popolazione del pianeta. Oggi sono diventati appena 8: “È osceno che così tanta ricchezza sia nelle mani di una manciata di uomini, che gli squilibri nella distribuzione dei redditi siano tanto pronunciati in un mondo in cui 1 persona su 10 sopravvive con meno di 2 dollari al giorno. […] La disuguaglianza stritola centinaia di milioni di persone, condannandole alla povertà; rende le nostre società insicure e instabili, compromette la democrazia” ha dichiarato Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia.

La verità è che, come mostrano i numeri contenuti nel rapporto e l’andamento della ricchezza dei super-ricchi nel corso degli anni, lo stato delle cose è il migliore alleato per chi accumula letteralmente montagne di denaro: la crisi economica del 2008, la riduzione di oltre il 60 per cento del valore del petrolio sui mercati, l’aumento delle imposte in tutti i Paesi a medio ed alto reddito non hanno minato in alcun modo le ricchezze di chi ha già tutto – e forse troppo – e anzi sembrano aver rappresentato un vantaggio per i portafogli personali di queste persone: “C’è una mancanza di alternative concrete al business as usual” ha spiegato Max Lawson, responsabile politico di Oxfam, al Guardian. Il problema della disuguaglianza ha spostato non poco l’attenzione di molti, negli ultimi anni: la Chiesa Cattolica e il Fondo Monetario Internazionale, le fondazioni di carità e filantropia – che abbondano – e le organizzazioni non-governative si sono dette sempre più sensibili sul tema e hanno provato a forzare diversi cambiamenti in questo senso, aumentando la sensibilità pubblica su questo problema. Il risultato è evidente: i ricchi sono sempre più ricchi ed anzi la Chiesa Cattolica, e il Papa in persona, l’FMI, le fondazioni e le ong sono oggi sulla graticola del populismo, alimentato in parte anche dal risentimento delle élite che detengono il potere economico. Basti pensare alla vittoria di Donald Trump nella corsa alla Casa Bianca per farsene un’idea.

Entro i prossimi 25 anni il mondo avrà il suo primo trilionario: un milionario diventato miliardario che supera la soglia dei 1000 miliardi (di euro, ma anche di dollari) e che potrà probabilmente tuffarsi nel suo deposito di contanti proprio come come Paperon de’ Paperoni. Bill Gates, che è ancora oggi l’uomo più ricco del mondo secondo Oxfam, ha fatto più soldi da filantropo disoccupato che da imprenditore: dal 2006, da quando cioè ha annunciato l’intenzione di lasciare la Microsoft, il patrimonio personale di Gates è cresciuto del 50 per cento: ha guadagnato 25 miliardi di dollari in 10 anni nonostante abbia fatto di tutto – almeno a parole – per darne via la maggior parte.

Certo, la posizione di Gates è ambigua e contesa: secondo Forbes e secondo la Oxfam è lui l’uomo più ricco del mondo, ma la sua ricchezza è incalzata dal miliardario spagnolo Amancio Ortega, colui che veste mezzo mondo con il marchio Zara (ed altri). C’è Warren Buffett, c’è Mark Zuckerberg e c’è Jeff Bezos, ma anche il magnate delle telecomunicazioni Carlo Slim. Ma per la stragrande maggioranza delle persone la vita è meno lussuosa: la metà della popolazione mondiale lotta quotidianamente per la sopravvivenza e il 70 per cento della popolazione mondiale vive in paesi a basso reddito mentre al contempo Norvegia, Lussemburgo, Svizzera, Islanda e Danimarca conquistano i primi cinque posti della classifica sull’indice di sviluppo.

Se è piuttosto ovvio che il capitalismo ed il turbo-capitalismo abbiano importanti responsabilità circa la disuguaglianza che con ferocia sempre più forte caratterizza la società mondialista moderna altrettanto vero è che la questione, in questo caso, si declina anche con le scelte politiche fatte e, sopratutto, da fare: i poveri di Cina e India, ad esempio, sono sempre di più e hanno sempre di meno e sono ai vertici della classifica sulle diseguaglianze sociali prodotte dal modello economico attuale e dalle scelte politiche scellerate, e suddite, fatte negli ultimi anni.

Quante vite servono per spendere 2,5 miliardi di dollari (guadagnati solo in un anno)? È una domanda che nasconde, dentro di sé, anche la sua risposta. La deformazione dell’economia in un senso anti-egualitario fa dei super-ricchi come degli dei in terra: non si tratta di libero mercato né di capitalismo ma di responsabilità. Mark Littlewood, direttore generale presso il thinktank Institute of Economic Affairs, ha criticato il rapporto dichiarando la Guardian che questi super-ricchi “hanno aiutato più di 100 milioni di persone ad uscire dalla povertà solo nell’ultimo anno”. Verissimo. Tuttavia, la popolazione mondiale aumenta praticamente allo stesso ritmo ogni anno e lo stesso si può dire per i redditi dei suddetti super-ricchi: uno stallo alla messicana pericolosissimo per la democrazia, la giustizia e l’economia internazionale.

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